Grandi opere, grandi sprechi

Il ponte sullo Stretto di Messina? Inutile. La linea ferroviaria ad alta velocità Salerno-Sicilia? Idem. E l’autostrada A12 Cecina-Civitavecchia? Non ne parliamo. Questa volta a esprimere giudizi negativi su alcune delle cosiddette grandi opere previste dalla Legge Obiettivo 443/2001 non sono né gli ambientalisti né l’opposizione. Le critiche arrivano dai ricercatori dell’Università Cattolica e del Politecnico di Milano, autori di uno studio presentato lo scorso 16 settembre nel capoluogo lombardo. “La nostra più che un monito a non costruire queste opere è una provocazione intellettuale”, precisa Marco Ponti, ex consulente di Banca Mondiale e professore di Economia dei Trasporti presso il Politecnico milanese: “Abbiamo analizzato i dati ufficiali delle spese di cinque grandi opere (l’autostrada A12 Cecina-Civitavecchia, il ponte sullo Stretto e le tratte ferroviarie ad alta velocità Venezia-Trieste, Salerno-Sicilia e Verona Brennero-Monaco) e solo quest’ultima si è rilevata veramente utile per la comunità”. Lo studio comprende anche l’autostrada Brescia-Bergamo- Milano (la Brebemi) e il valico ferroviario Torino-Lione (Frejus). In questi casi le analisi sono state fornite rispettivamente da Trt-Trasporti e Territorio, che ha condotto un’indagine per conto della Brebemi Spa, e dalla Commissione intergovernativa italo-francese per la tratta Torino-Lione. Provocazione o no, comunque, la ricerca è una sorta di bocciatura per quelle che il governo chiama opere strategiche e che la Corte costituzionale ha “difeso” in questi giorni respingendo tutti i ricorsi. Ma come è stato condotto lo studio? In modo molto semplice: i ricercatori hanno calcolato il Van (Valore attualizzato netto), cioè la somma tra il costo dell’investimento e i benefici ricavati dalla collettività (per esempio tempo di percorrenza, risparmio di carburante e impatto ambientale). E nella maggior parte dei casi questo valore è stato negativo. Unica eccezione la Brebemi con un guadagno per i cittadini di quasi 720 milioni di euro. Ciò conferma, come sostiene Ponti, “la tipica tradizione italiana a non fare analisi “costi/benefici” per le grandi infrastrutture. La paura, infatti, è quella di fare i conti perché si temono i risultati”. Come questi: il Ponte sullo Stretto costerà 4,84 miliardi di euro con una perdita per i cittadini di 1,39 miliardi di euro; la tratta ferroviaria ad alta velocità Salerno-Sicilia avrà un costo di 12,29 miliardi di euro e una perdita per i cittadini di più di nove miliardi di euro. Guardando queste cifre viene da chiedersi, forse un po’ ingenuamente, perché si ha intenzione di costruire certe opere. “Se nel corso della storia i regni e i governi avessero sempre seguito i consigli degli economisti”, continua Ponti, “oggi non avremmo per esempio le piramidi d’Egitto o San Pietro a Roma: resta il fatto, comunque, che autostrade e tratte ferroviarie non sono certo opere d’arte”. Il rischio è quindi di imitare lo sfortunato precedente del ponte dell’Øresund, che unisce Svezia e Danimarca: il traffico automobilistico è inferiore alle aspettative, i costi, invece, sono stati superiori alle previsioni.Bisognerebbe, piuttosto, seguire l’esempio dei francesi che dopo aver letto i conti forniti dalla Commissione per la Torino-Lione (Van economico: – 543 milioni di euro) si sono dimostrati un po’ freddi sulla realizzazione dell’opera. “Il problema”, conclude Ponti, “è che è difficile rinunciare ai soldi dell’Unione europea. E poi sono opere che fanno felici un po’ tutti: i politici si mettono in mostra, le banche fanno girare i soldi e magari alla fine qualche piccolo beneficio per la comunità locale arriva pure. Per il resto degli italiani non importa: tanto tra qualche anno finirà tutto nel calderone del debito pubblico”.

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