Categorie: Società

Guerra fredda e filosofia della scienza

George A. Reisch
How The Cold War Transformed the Philosophy of Science. To the Icy Slopes of Logic
Cambridge University Press, 2005
pp.432, euro 27,60

Forse aveva ragione Foucault: per far bene, lo storico della scienza dovrebbe imparare a fare l’archeologo. Perché spesso, nel corso della storia, strati e strati di polvere si accumulano sugli eventi, fornendoci quindi una versione sbiadita di ciò che è veramente accaduto nel passato. Il bravo storico deve aiutarci a rimuovere questi strati restituendo ai fatti colori e tonalità. George A. Reisch ha il grande merito di aver rimosso una patina grigiastra che nell’ultimo secolo si era accumulata sull’esperienza e la storia dei neopositivisti.

La storia del neopositivismo e del cosiddetto Circolo di Vienna è stato oggetto di molti studi storici e filosofici, poiché gli si attribuisce, a torto o a ragione, la fondazione della filosofia della scienza come disciplina. Il Circolo di Vienna affrontò il problema di identificare delle modalità di comunicazione dei risultati scientifici, i famosi ‘protocolli’, che avrebbero consentito di distinguere senza ombra di dubbio la vera scienza dalla pseudo-scienza. Un progetto ambizioso, che definiva la possibilità di unificare logica e linguaggio secondo principi certi, consentendo l’unificazione delle scienze. I protagonisti del Circolo di Vienna erano inoltre coinvolti nei fermenti politici e culturali d’inizio secolo. Mentre il progetto per l’unificazione delle scienze prende forma, essi partecipano attivamente al dibattito sulla natura del socialismo e del pacifismo, mentre si oppongono strenuamente al totalitarismo nazi-fascista. Nel dopoguerra il progetto dei neopositivisti diventa molto meno attraente, e benché continui a essere uno dei punti di riferimento nello studio della filosofia, della loro esperienza oggi non rimane appunto che una immagine scolorita, che rimanda al tecnicismo della logica e al rigore nella definizione di ciò che la scienza è o dovrebbe essere.

Questo saggio ne analizza invece la storia, a partire dalle tensioni tra progetto scientifico-culturale e dimensione storico-politica in cui il neopositivismo prende forma. È quindi un tentativo di ricostruire la storia di un progetto filosofico sulla base delle vicende dei suoi protagonisti. La tesi centrale di questo volume è che il neopositivismo come progetto filosofico perse spessore e attrattiva non tanto per suoi limiti teorici (come la maggior parte dei critici del neopositivismo vorrebbe far credere), quanto piuttosto a causa delle persecuzioni politiche degli anni Cinquanta, quando i suoi artefici, in virtù del loro passato e delle loro attività professionali, diventarono facili bersagli dell’FBI di Edgar G. Hoover.

Negli anni Trenta quando il movimento per l’unità delle scienze era al suo apice, la maggior parte dei suoi protagonisti era già emigrata in America per sfuggire al totalitarismo, raggruppandosi di nuovo ad Harvard dove era stato fondato l’Istituto per l’unificazione delle scienze. Grazie anche al finanziamento della Rockefeller Foundation, l’Istituto si sviluppò senza tuttavia avere successo e nel 1955 la Rockfeller decise di non finanziarlo più. Una delle cause del fallimento, secondo Reisch, fu l’attivismo politico ‘anti-patriottico’ dei suoi protagonisti e le attenzioni dell’FBI per il loro lavoro e attività extra-accademiche. Dunque, nelle dinamiche della caccia alle streghe e della guerra fredda, il messaggio dei padri fondatori si perde; mentre ai loro successori viene messa la sordina. Rimangono quindi solo accademici che si interessano sempre meno al significato ‘extra-scientifico’ o politico del progetto filosofico, che a sua volta diventa quindi sempre meno trasgressivo. Insomma, il movimento si perde tra le ‘scarpate ghiacciate della logica’ (il sottotitolo di questo libro), diventando più conformista e intellettualmente scialbo. Questo saggio si inserisce a pieno titolo all’interno della produzione editoriale che in tempi recenti ha cominciato a ridiscutere i rapporti tra scienza, politica, e apparati di sicurezza nel contesto della guerra fredda: non solo mostra come la ricerca in filosofia della scienza fu diretta verso contenuti politicamente meno compromettenti, ma anche che i ricercatori dissidenti furono perseguitati e isolati in conseguenza delle loro idee.

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