Categorie: AmbienteSalute

H1N2, il nuovo supervirus

L’eco della paura e delle polemiche per H5N1 – il supervirus che lo scorso anno sconvolse la comunità scientifica e non solo – è ancora nell’aria, e già si teme per un nuovo patogeno virale. Si tratta del ceppo H1N2, che arriva da alcuni maiali coreani e rischia di essere persino più pericoloso di H5N1. Almeno tra gli animali. Perché, messo sotto la lente dai ricercatori del St. Jude Children’s Research Hospital di Memphis, in Tennessee, il virus si è mostrato letale nei furetti e capace di diffondersi per via aerea. Evolvendosi in forme sempre più contagiose e virulente. 

Come raccontano gli scienziati su Pnas, isolato inizialmente da alcuni suini sudcoreani nel 2009, il virus è stato inoculato nelle trachee e nelle cavità nasali di alcuni furetti (un modello animale che sviluppa l’influenza in modo simile a quanto avviene negli essere umani). Tutti e tre gli animali infettati con H1N2 sono morti. Ma non solo. Il virus si è infatti diffuso per via aerea tra i furetti delle gabbie vicine, acquisendo due mutazioni: una nella proteina emoagglutinina e una nella neuraminidasi. Alterazioni che lo hanno reso più aggressivo anche nelle colture cellulari di materiale biologico umano (dove cresceva più velocemente della forma suina originaria). 

Il caso ricorda quello di H5N1, e non solo per la pericolosità del virus capitato nelle mani dei ricercatori. In quell’occasione la comunità scientifica si è interrogata a lungo sul bisogno di rendere o meno disponibili dati così sensibili. Da un lato c’era la paura che, se capitati nelle mani sbagliate, si sarebbero trasformati in armi letali; dall’altra si poneva una questione della trasparenza scientifica. Ora, gli studi su H1N2 riaprono, in parte, il dibattito, e ci si torna a chiedere quale sia l’utilità di una ricerca del genere.  

Non ha dubbi Tony Fauci dell’US National Institute for Allergy and Infectious Disease di Bethesda per il quale si tratta di ricerche importanti riguardo qualcosa che sta già succedendo in natura”. Nei maiali nello specifico: in quelli coreani, spiegano gli scienziati, il virus da loro studiato esisterebbe ancora, sebbene non siano stati riportati casi di infezioni umane. Questo perché il patogeno non causa gli stessi effetti nelle persone oppure perché non si è ancora diffuso (la possibile spiegazione è che un virus precedente, con le stesse proteine di superficie, potrebbe avere in parte immunizzato la popolazione). 

Ma se il caso H1N2 non è scoppiato – tre persone avrebbero già contratto il virus in Minnesota, ma di un tipo diverso da quello coreano – non significa che l’allerta debba rientrare. Come riporta New Scientist infatti, per gli esperti della comunità scientifica è fondamentale continuare a studiare i virus e la loro diffusione negli allevamenti di maiali, tenendo accurata traccia delle mutazioni che possono insorgere col tempo. E spendendo tempo e denaro per analizzare non solo i suini, ma anche le persone che vivono a stretto contatto con gli animali, anche se questo potrebbe mettere a rischio (economico) l’intero settore industriale. 

Perché, sebbene dopo l’epidemia di influenza suina del 2009 si sia alzata la guardia, si continuano a registrare contagi: più di 300 per il virus H3N2 che negli ultimi due anni ha infettato i cittadini statunitensi, causando un morto e 16 ricoveri. 

via: Wired.it

Credits immagine: sgs_1019/Flickr

Anna Lisa Bonfranceschi

Giornalista scientifica, a Galileo Giornale di Scienza dal 2010. È laureata in Biologia Molecolare e Cellulare e oggi collabora principalmente con Wired e La Repubblica.

Visualizza i commenti

  • "Il virus si è infatti diffuso per via aerea tra i furetti delle gabbie vicine"

    Ma sono scenziati o (senza offesa alcuna alla categoria) muratori?
    Se non sono in grado di svolgere il loro lavoro in ESTREMA SICUREZZA
    si diano al giardinaggio! Ma siamo in balia di folli!

  • Probabilmente alcune gabbie sono state messe li vicine apposta per verificare, appunto, la capacita del virus di diffondersi per via aerea. Questi tipi di analisi sono condotte in CDC (Center for Disease Control) e laboratori ultra sicuri, che seguono (com'e' ovvio aspettarsi) procedure rigorosissime, ridondanti e con vari livelli gerarchici di supervisione. L'idea che tutto il sistema di controllo abbia fallito, e che gli scienziati abbiano inavvertitamente lasciato al caso un macro elemento come quello descritto, va bene per la trama di un film di serie B, ma e' poco credibile nella realta. Tanto meno che espongano poi la loro totale incompetenza a tutta la comunita scientifica internazionale.

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