I destini diversi di Mendel e le sue leggi

Robin Marantz Henig
Il monaco nell’orto
Il genio perso e ritrovato di Gregor Mendel, il padre della genetica
Garzanti, 2001
pp.283, £ 38.000

Nel XX secolo, la genetica è stata sicuramente una delle scienze che più ha influito sulla nostra vita. Le sue radici affondano nella storia di un oscuro monaco che visse nell’allora Impero Austro-ungarico, Gregor Mendel. Nel monastero di Brünn, Brno in ceco, questo monaco poco versato negli affari religiosi si dedicò alla coltivazione di centinai di piante di pisello, per studiare la trasmissione ereditaria dei caratteri. Nonostante l’importanza dei suoi risultati, pubblicati per la prima volta nel 1866 in una piccola rivista scientifica locale, le sue idee rimasero nell’oblio fino a 16 anni dopo la sua morte, quando nella primavera del 1900 vennero riscoperte indipendentemente da tre scienziati, Hugo de Vries, Carl Correns, Eric von Tschermak. La storia di Mendel e delle omonime leggi della genetica è quindi divisa in due parti: la vita del monaco, e la vita delle sue scoperte. Questo spiega perché la biografia di Mendel sia pressoché impossibile da ricostruire con certezza: fino al 1900, nessuno si preoccupò di tracciare un ritratto di questo genio solitario, più traspirazione che ispirazione (seguendo il motto di Edison). Il volume della Henig non può che risentire di questa difficoltà. La prima metà è degna di un romanzo: sulla base di pochissime prove documentarie e perlopiù incerte, intende percorrere le tappe della vita di Mendel, dalla campagna coltivata dalla famiglia fino alla morte nel monastero agostiniano dove raggiunse i suoi risultati, passando per i numerosi insuccessi (le bocciature agli esami per la licenza di insegnante superiore) e la vita tutto sommato noiosa di un monaco non brillantissimo ma molto tenace. Purtroppo, la Henig riesce solo molto a fatica a risvegliare l’interesse del lettore, e soprattutto a giustificare le numerose affermazioni sul carattere del protagonista, sulla sua vita quotidiana, sulla sua impresa scientifica. Questa parte del volume lascia quindi a desiderare, anche se riesce a delineare in modo tutto sommato corretto il contesto culturale della ricerca biologica del tempo, e abbastanza precisa è la descrizione dei risultati della ricerca.

La seconda parte è invece decisamente più brillante. La ricostruzione della riscoperta di Mendel è decisamente più affascinante, e il linguaggio romanzato dell’autrice aggiunge un tocco di colore a una storia in gran parte certa, che lascia quindi poco spazio alla fantasia. I protagonisti principali, William Bateson, Hugo De Vries, Raphael Weldon, sono personaggi la cui biografia è ampiamente documentata. La vicenda è stata più volte narrata in sede specialistica, e pochi sono ormai i punti oscuri. La penna della Henig riesce però a rendere vivace un racconto che ha finora appassionato solo gli addetti ai lavori. È però un peccato che in tutto il volume siano sparse diverse imprecisioni. L’autrice è interamente responsabile per alcune eccessive semplificazioni storiche (per esempio, sul dibattito sul preformismo e la generazione spontanea, p.97-101). Ma un editing più accurato avrebbe evitato che Asa Gray cambiasse genere (p.112), Lyell cambiasse il suo nome in George (p.111) o ancora, che l’Histoire Naturelle di Buffon si limitasse a soli tre volumi (p.100).

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