I dubbi della scienza sul Mose

Alla fine tutto sembra essere pronto per la costruzione delle dighe mobili sulla laguna di Venezia. Data prevista per l’inizio dei lavori: 31 dicembre 2002. Manca solo il via libera della Comunità Europea. Dopo circa venti anni di studi, dibattiti, leggi straordinarie, discussioni e rinvii, sei mesi fa il governo italiano ha dato il placet alla fase esecutiva del progetto che permetterebbe di risolvere il problema che da secoli e sempre più frequentemente affligge la bellissima città: le acque alte. Il piano approvato prevede la costruzione di 79 paratoie disposte sul fondale della laguna e distribuite fra le tre bocche di porto di S.Nicolò, Malamocco e Chioggia. Un sensore per la rilevazione del livello dell’acqua poi metterebbe in moto un sofisticato meccanismo di ingegneria idraulica: superati i 110 centimetri dal livello del mare, dell’aria compressa verrebbe iniettata all’interno di questi supporti. Che sarebbero così forzati a sollevarsi e a fare da scudo a un ulteriore flusso di acqua marina all’interno della laguna. Con il progetto Mose (Modulo sperimentale elettromeccanico), questo il nome delle dighe mobili, il Consorzio di privati Venezia Nuova – che è il concessionario governativo per la realizzazione degli interventi destinati alla salvaguardia della città e della sua laguna – promette di risolvere definitivamente il problema dell’acqua alta. Ma il progetto, che costerà tra i 2,6 e i 3,0 milioni di euro e sarà pronto in otto anni, non manca di sollevare delle critiche. La scienza interrogata risponde ora dalle pagine della rivista americana Eos, dove il ricercatore Paolo Antonio Pirazzoli del Centro nazionale della ricerca scientifica francese (Cnrs) avanza i suoi dubbi sull’operazione. Nell’articolo il ricercatore sostiene che il progetto è basato su vecchie previsioni dell’innalzamento del livello del mare. Le quali differiscono di circa 26 centimetri dalle più recenti stime altimetriche per il prossimo secolo fatte dall’Intergovernmental panel on climate change (Ipcc). Di più. Gli artefici del progetto non hanno considerato due importanti fattori: il trasporto di acqua marina in laguna associato alla bora o allo scirocco, e lo sprofondamento del fondale marino, causato dagli scavi per la creazione di un varco per le petroliere. Pirazzoli afferma che il Mose è destinato a diventare obsoleto già dal prossimo secolo, quando, secondo le previsioni dell’Ipcc, il livello dell’acqua lagunare dovrebbe aumentare di 31 centimetri. Secondo l’autore sarebbe più opportuno accantonare quindi il progetto e adottare tecniche più soft e meno costose, come l’innalzamento delle zone più depresse della città veneta. Sullo stesso numero di Eos compare l’articolo di risposta a Pirazzoli che porta le firme di quattro scienziati: Rafael L. Bras, Donald R.F. Harleman e Paola Rizzoli, dell’americano Massachussets Institute of Technology e di Andrea Rinaldo, dell’Università di Padova. I ricercatori, che fanno parte del team di esperti incaricati dal Consorzio alla progettazione del Mose rispondono punto per punto alle accuse avanzate e smentiscono seccamente il ricercatore. Affermando che le dighe costituiranno una barriera efficace alle inondazioni, gli scienziati mostrano anche di aver basato i loro calcoli sulle più recenti osservazioni e stime del livello dell’acqua. Le sbarre delle dighe sarebbero inoltre state progettate per operare nel caso di innalzamento del livello dell’acqua tra i 30 e i 50 centimetri. Il valore indicato dall’Ipcc rientrerebbe perfettamente in tale range. Non solo: per quanto riguarda lo sprofondamento del fondale i ricercatori sostengono che tale fenomeno non costituisce un problema, in quanto non si verifica più da oltre 30 anni. Inoltre, il trasporto dell’acqua associato ai venti è stato preso in considerazione nei modelli matematici utilizzati dai ricercatori per lo studio del caso. Sulla rivista viene infine riportato un articolo che dovrebbe tranquillizzare, almeno in parte, gli ambientalisti preoccupati che una più frequente e duratura apertura delle paratoie, a seguito di un intensificarsi del fenomeno dell’acqua alta, renderebbe la laguna simile a un putrido stagno inquinato. Nel loro articolo, Miroslav Gacic e collaboratori del triestino Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale riportano i risultati di uno studio preliminare per la determinazione dei flussi di acqua all’interno della laguna. Dalla campagna di misure è emerso che il flusso attraverso le bocche è governato dalle maree e che lo scambio d’acqua fra la laguna e il mare avviene nel giro di un giorno e cioè molto rapidamente: le paratoie non dovrebbero essere quindi un problema per l’ambiente lagunare.


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