Salute

Quella volta che abbiamo provato l’ibernazione (forse)

È un comportamento tipico di alcuni mammiferi, come gli orsi bruni e le marmotte, che durante il periodo invernale preferiscono andare in modalità “risparmio energetico”: l’ibernazione è una condizione biologica in cui le funzioni vitali sono ridotte al minimo e la temperatura corporea si abbassa. Gli esseri umani, però, non sono in grado di fare lo stesso. O forse sì, magari potrebbero averlo anche fatto in un lontano passato. Un nuovo studio pubblicato su L’Anthropologie suggerisce infatti che mezzo milione di anni fa alcuni ominidi potrebbero essersi ibernati.

I due studiosi Antonis Bartsiokas, dell’Università Democrito di Tracia in Grecia, e Juan-Luis Arsuaga, dell’Università Complutense di Madrid, hanno analizzato i resti fossili di ossa umane trovate in una grotta chiamata “Sima de los Huesos” ad Atapuerca, nel nord della Spagna. Questa grotta (il cui nome significa “Voragine delle ossa”), è diventata famosa tra gli scienziati dopo il ritrovamento di una mandibola umana nel 1976. Dopo quella data, i ricercatori hanno trovato sul luogo i resti fossili di un gran numero di ominidi vissuti circa 430 mila anni fa, quindi ben prima dell’arrivo dei sapiens.

Proprio esaminando i resti rinvenuti in questo luogo, Bartsiokas e Arsuaga ritengono di avere trovato delle prove dell’ibernazione. I nostri antenati, insomma, potrebbero aver affrontato il freddo estremo andando in una sorta di letargo. “Analizzando la morfologia delle ossa fossilizzate, abbiamo trovato molti segni che questi individui soffrissero ogni anno di rachitismo, iperparatiroidismo e osteodistrofia renale”, scrivono i ricercatori, “e suggeriamo che queste malattie siano causate da un’ibernazione mal tollerata”. L’ipotesi non può essere esclusa, ma va presa con cautela, spiega però a Galileo Matteo Cerri dell’Università di Bologna, esperto di ibernazione. I dati di Atapuerca, infatti, possono essere spiegati anche in altri modi. Dunque, per ora resta solo lo spunto per ulteriori ricerche. Anche se – continua Cerri – gli esseri umani, in effetti, possiedono il set di geni necessario a resistere in quelle condizioni”.

Ibernazione o non ibernazione

È vero, gli ominidi della “Voragine delle ossa” vivevano durante una glaciazione, quindi avrebbero potuto provare a dormire nei mesi più freddi per sopravvivere, proprio come fanno altri mammiferi. “Ma in realtà una combinazione tra carenza alimentare, mancanza di esposizione solare, inverni rigidi potrebbero aver tranquillamente portato a questi sintomi, anche senza ibernazione – continua Cerri – è plausibile pensare che questi ominidi avessero un’oscillazione di temperatura più ampia rispetto a quella degli esseri umani odierni, ma io sarei cauto a parlare di ‘ibernazione‘, e il resto della comunità scientifica concorda: ci vuole cautela”.

I primi mammiferi si ibernavano

Gli stessi autori dello studio ammettono: la loro ricerca è molto preliminare. “Occorre trovare prove più solide, ma non è del tutto da escludere che alcuni nostri antenati possano aver provato a ibernarsi. D’altronde, l’ibernazione è un meccanismo che usavano i primi mammiferi, ma – quando i dinosauri si sono estinti – la maggior parte di loro ha perso la strategia del letargo, che è rimasta solo in alcuni mammiferi che vivono in luoghi con climi particolarmente ostili alla sopravvivenza, come quello artico o desertico”, afferma Cerri.

La capacità umana di ibernarsi

“La capacità di ibernazione, quindi, nella genetica degli esseri umani è presente. Ancora non sappiamo come attivarla, ma dovremmo essere in grado di sopportarla una volta ripristinata”, continua Cerri. Uno caso suggestivo in questo senso è ad esempio quello di Mitsutaka Uchikoshi, un trentacinquenne che, rimasto per ventiquattro giorni ibernato alla temperatura di 22 gradi in seguito a una caduta in montagna, non ha riportato nessun danno permanente. “Esiste anche una malattia molto rara detta ‘ipotermia periodica spontanea’ che somiglia a un’ibernazione, e in più ci sono molti parallelismi tra la condizione del feto umano durante lo sviluppo intrauterino e il letargo animale, quindi c’è un certo ottimismo nella comunità scientifica che l’essere umano possa essere in grado di riattivare questo meccanismo”, spiega Cerri, che fa anche parte di un gruppo dell’Agenzia spaziale europea che indaga sull’ibernazione umana per usarla nelle missioni spaziali. “L’ibernazione potrebbe essere l’unico modo in cui il nostro corpo possa conservarsi abbastanza a lungo da conquistare nuovi mondi, ma non solo: durante questo particolare stato tutti gli organi e apparati si adattano a vivere in altre condizioni e questo può avere molte applicazioni interessanti in medicina”, conclude il ricercatore.

Riferimenti: L’Anthropologie

Credits immagine: Sarah Cervantes on Unsplash

Virginia Marchionni

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