Il clima cambia, le malattie pure

Sono dodici le malattie che potrebbero trarre vantaggio dai cambiamenti che il clima del nostro pianeta sta subendo. Questo a causa dell’importante ruolo che temperatura e precipitazioni rivestono negli ecosistemi degli animali, e degli effetti a cascata che una modificazione degli attuali equilibri avrebbe sulle popolazioni umane. È l’opinione della Wildlife Conservation Society (Wcs), che ha appena pubblicato un rapporto intitolato “The deadly dozen: wildlife diseases in the age of climate change”, i cui dati sono stati presentati oggi durante il Congresso Mondiale sulla Conservazione della Natura della International Union for Conservation of Nature (Iucn) a Barcellona.

Nell’elenco delle “dodici favorite dal cambiamento climatico”, gli esperti del Wcs indicano l’influenza aviaria, la babesiosi, il colera, l’ebola, le malattie legate ai parassiti intestinali ed esterni, la malattia di Lyme, la peste, la marea rossa, la febbre della Rift Valley, la malattia del sonno, la tubercolosi e la febbre gialla. I meccanismi attraverso cui l’incidenza di queste patologie può aumentare sono diversi. Le variazioni nelle precipitazioni e nella temperatura influenzano infatti la riproduzione e la distribuzione degli agenti che veicolano le infezioni. La principale fonte di contagio della malattia del sonno, per esempio, è il bestiame domestico, ma la permanenza della malattia in una data zona è spesso imputabile agli animali selvaggi che entrano in contatto con la mosca tse-tse. In altri casi, come per l’influenza aviaria, i cambiamenti climatici determinano nuove rotte migratorie degli uccelli, con conseguente rischio di maggiore contatto tra le specie domestiche e quelle selvagge, in cui il virus è naturalmente presente.

Secondo la Wcs, la migliore forma di difesa implicherebbe tenere sotto stretto controllo lo stato degli animali selvaggi, così da rilevare qualsiasi cambiamento possa essere rischioso per la salute umana. (a.g.)

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