Andare in gita scolastica e tornare a casa con in tasca la scoperta che potrebbe salvare il mondo dall’invasione della plastica. È accaduto a un gruppo di studenti di college della Yale University che, durante un viaggio nella foresta amazzonica in occasione dell’annuale missione sul campo organizzata dal corso Rainforest Expedition Laboratory, ha scoperto una particolare specie di fungo capace di degradare il poliuretano, il Pestalotiopsis microspora.
Nel 2008, come ogni anno, gli studenti del corso di Scott Strobel, docente di biochimica molecolare, si sono recati in Ecuador per raccogliere campioni da studiare in laboratorio una volta tornati al campus di New Haven (Connecticut, Usa). Questa volta però, nel gruppo c’erano un paio di studenti particolarmente brillanti che hanno portato all’incredibile scoperta.
Il primo è stato Pria Anand: esaminando i propri campioni, ne ha individuato uno che, a contatto con il materiale plastico, dava il via a una reazione di degradazione. Poi è stata la volta di Jonathan Russel. Lo studente ha isolato l’enzima grazie al quale questo fungo – unico al mondo, per quanto se ne sappia – è in grado di sopravvivere a una dieta a base esclusivamente di poliuretano, e per di più in ambiente completamente anaerobico (cioè privo di ossigeno), condizione tipica del fondo delle discariche. Secondo lo studio pubblicato su Applied and Environmental Microbiology, infatti, le proprietà di questa specie fungina potrebbero essere molto utili nel campo del biorisanamento, ovvero il processo di depurazione del suolo a opera di microrganismi, batteri o funghi.
Ed è proprio qui che la scoperta degli studenti statunitensi si fa interessante. Di poliuretano, infatti, sono costituiti molti oggetti di uso quotidiano, dai materassi ai frigoriferi, dai giocattoli alle scarpe. Si tratta insomma di un materiale molto versatile e soprattutto economico, ma decisamente non riciclabile. L’unica speranza di non lasciarlo in eredità ai nostri pronipoti potrebbe essere proprio questo particolare fungo originario della foresta pluviale ecuadoregna.
via wired.it
Credits immagine a CIFOR
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Questo articolo è interessante, spero che ne coltivino molti di questi funghi in laboratorio! Avanti con la ricerca...................