Il futuro del cibo

Luca Carra e Fabio Terragni
Il futuro del cibo. Gli alimenti transgenici
Garzanti 2000 – pp. 63, £9.000

“Sono arrivati. Sono sbarcati sui banconi dei supermercati e sulle nostre tavole”. A iniziare così non è un racconto di fantascienza, e la storia narrata non è quella dell’invasione di qualche creatura extraterrestre. La presenza – per così dire aliena – di cui gli autori parlano è quella dei cibi manipolati geneticamente. Il libro è un piccolo volume di divulgazione scientifica, adatto a un pubblico giovane e di non esperti. Scritto da un giornalista, Luca Carra, e da un biologo, Fabio Terragni, “Il futuro del cibo” aiuta a far chiarezza in un campo dove regna ancora molta confusione: si rischia di rimanere frastornati da una parte dagli allarmismi, dall’altra degli entusiasmi. Eppure con le biotecnologie tutti devono fare i conti: la rivoluzione di cui si vogliono portatrici infatti non è solo di carattere scientifico, tecnico, produttivo, ma anche etico e sociologico. L’argomento poi si fa ancora più scottante quando si parla di cibo (una delle tante applicazioni delle biotecnologie), da sempre uno dei caratteri distintivi di una cultura.

Il connubio fra il valore simbolico dell’alimentazione e il potere evocativo delle biotecnologie crea una specie di bomba a orologeria che in più di un’occasione ha tenuto alta l’attenzione del grande pubblico. Una miscela esplosiva che i due autori affrontano a viso aperto partendo proprio dall’inizio, dalle definizioni di rito e dalla storia delle tecniche che hanno preparato il campo all’avvento delle moderne biotecnologie. In puro stile divulgativo, asciutto e essenziale, il libro offre anche delle tabelle utili per visualizzare dati che altrimenti sarebbero difficilmente digeribili. Alla parte scientifica risponde quella etica che, come detto, in questo campo non è affatto marginale. A questo aspetto il libro dedica gran parte del suo seppur ridotto numero di pagine: dall’analisi critica di quelle che vengono chiamate le “promesse” dei nuovi cibi, alla formulazione di un principio di cautela, all’ammissione di una difficile possibilità di giudizio scientifico. L’invito appare chiaro: se da una parte la scienza stenta ad emettere sentenze definitive, dall’altra il consumatore se correttamente informato – giusto a questo proposito l’attenzione data al problema etichettatura – può emettere giudizi anche perentori sull’eticità dei cosiddetti Frankenfood. Arrivati alla fine de “Il cibo del futuro” viene voglia di approfondire un tema tanto attuale e affascinante: peccato che gli autori non ci consiglino una bibliografia di riferimento.

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