Categorie: Società

Il giornalismo non si arruola

Come le tre scimmiette. Non vedo, non sento, non parlo. Ha rischiato di ridursi così il giornalismo italiano impegnato nelle zone di conflitto. A metterlo a rischio è stato il disegno di legge delega al governo per la revisione delle leggi penali militari di pace e di guerra, proposto dall’attuale maggioranza e approvato lo scorso 18 novembre al Senato. Ma il pericolo sembra essere scampato. Le Commissioni difesa e giustizia della Camera riunitesi ieri, infatti, hanno approvato con 18 voti contro 17 l’emendamento dell’opposizione che sopprime la delega al governo per la riforma del codice di guerra, lasciandogli solo quella per la riforma del codice di pace. Un colpo al cuore al provvedimento, insomma, che resta monco della sua parte predominante. A tirare un sospiro di sollievo anche i militari, gli operatori di organizzazioni non governative e i molti gruppi e associazioni pacifiste che hanno aderito alla campagna “Fermiamo la censura preventiva sulla guerra” promossa dal portale “Ostinati per la pace”, tra cui la Federazione Nazionale della Stampa.La riforma, infatti, prevedeva l’applicazione della legge penale militare di guerra nei luoghi oggetto di missione militare italiana, anche senza che fosse dichiarato lo “stato di guerra”. Diventavano così punibili con la legge marziale i soldati colpevoli non solo di reati militari ma anche ordinari, e tutti i civili presenti in quelle zone. “La riforma, oltre a mantenere in vita la giurisdizione militare, da tempo abolita dagli altri paesi della Nato, tranne la Turchia”, ha spiegato il magistrato Domenico Gallo, “abbassava la differenza tra tempo di pace e tempo di guerra. Quest’ultimo, quindi, non è più qualcosa di straordinario, legato all’entrata in guerra dell’Italia contro un altro Stato, ma diventa permanente in contrasto con l’articolo 11 della Costituzione in base al quale l’Italia ripudia la guerra”. Infatti, mentre la Costituzione prevede che sia il Parlamento a deliberare lo stato di guerra e a conferire al governo i poteri necessari, il comma 1 dell’articolo 4 della legge delega prevedeva che il governo potesse applicare, al di fuori del territorio nazionale, la legge marziale che presuppone il “tempo di guerra”, anche con un atto avente forza di legge. Scavalcando così di fatto il Parlamento. Prima vittima della riforma sarebbe stata la libertà di informazione e di comunicazione. In base agli articoli 72, 73 e 74, infatti, chiunque si fosse procurato informazioni sulle operazioni militari o ogni altra notizia di carattere riservato che l’autorità militare aveva deciso di non divulgare, sarebbe stato punito con la reclusione in un carcere militare da due a dieci anni. Mentre chi avesse diffuso o comunicato tali notizie sarebbe stato punito con la reclusione da cinque a venti anni. “In base a questa legge non sarebbe stato possibile, per esempio, riferire dei caduti di Nassirya se l’autorità militare avesse deciso di non diffondere la notizia”, commenta Tiziana Boari, giornalista che segue la campagna per la Fnsi e l’associazione Articolo 21, “saremmo diventati tutti giornalisti embedded e avremmo rischiato anche stando a casa nostra e dando informazioni, per esempio, sui militari che si ammalano a causa dell’esposizione all’uranio impoverito”. Ma a rischio, oltre ai giornalisti, erano anche gli altri civili, come i membri delle organizzazioni non governative presenti in zone di conflitti. In caso di instaurazione del tempo di guerra, infatti, sarebbero stati accusati di “somministrazione al nemico di provvigioni” in base all’articolo 248, reato punibile con pene non inferiori a cinque anni di reclusione. Per ora pericolo scampato, quindi. A questo punto gli scenari possibili sono due. Si potrebbe costituire un comitato di rappresentanti della maggioranza e dell’opposizione che rielabori il testo della riforma dei codici militari di guerra e di pace. Oppure è possibile che la maggioranza metta mano da sola al testo della riforma e lo ripresenti al Senato. Per questo, sottolineano quanti hanno dato battaglia finora al governo, l’attenzione su questo argomento deve essere mantenuta alta.

Roberta Pizzolante

Giornalista pubblicista dal 2005, è laureata in Sociologia e ha un master in "Le scienze della vita nel giornalismo e nei rapporti politico-istituzionali" conseguito alla Sapienza. Fa parte della redazione di Galileo dal 2001, dove si occupa di ambiente, energia, diritti umani e questioni di rilevanza etica e sociale. Per Sapere, bimestrale di scienza, si occupa dell'editing e della ricerca iconografica. Nel corso negli anni ha svolto vari corsi di formazione e stage nell'ambito della comunicazione (Internazionale, Associated Press, ufficio stampa della Sapienza di Roma, Wwf Italia). Ha scritto per diverse testate tra cui L'espresso, Le Scienze, Mente&Cervello, Repubblica.it, La Macchina del Tempo, Ricerca e Futuro (Cnr), Campus Web, Liberazione, Il Mattino di Padova. Dal 2007 al 2009 ha curato l'agenda degli appuntamenti per il settimanale Vita non Profit.

Articoli recenti

Mesotelioma, 9 casi su 10 sono dovuti all’amianto

Si tratta di una patologia rara e difficile da trattare. Colpisce prevalentemente gli uomini e…

5 ore fa

Uno dei più misteriosi manoscritti medioevali potrebbe essere stato finalmente decifrato

Secondo gli autori di un recente studio potrebbe contenere informazioni sul sesso e sul concepimento,…

3 giorni fa

Ripresa la comunicazione con la sonda Voyager 1

Dopo il segnale incomprensibile, gli scienziati hanno riparato il danno a uno dei computer di…

5 giorni fa

Atrofia muscolare spinale, ampliati i criteri di rimborsabilità della terapia genica

L’Aifa ha approvato l’estensione della rimborsabilità del trattamento, che era già stato approvato per l'atrofia…

6 giorni fa

Così i tardigradi combattono gli effetti delle radiazioni

Resistono alle radiazioni potenziando la loro capacità di riparare i danni al dna. Piccolo aggiornamento…

1 settimana fa

Leptospirosi: perché crescono i casi a New York?

Mai così tanti casi di leptospirosi in un anno dal 2001: a contribuire all’aumento delle…

1 settimana fa

Questo sito o gli strumenti di terze parti in esso integrati trattano dati personali (es. dati di navigazione o indirizzi IP) e fanno uso di cookie o altri identificatori necessari per il funzionamento e per il raggiungimento delle finalità descritte nella cookie policy.

Leggi di più