Categorie: Società

Un anno di scienza e società

Observa Annuario Scienza e Società 2005Ergon Edizioni, 2005pp. 125, s.i.p.Capita sempre più spesso di ascoltare i lamenti di esponenti della classe politica o di rappresentanti del mondo scientifico a proposito della presunta antiscientificità degli italiani. “La gente si accanisce contro le biotecnologie e le onde elettromagnetiche, e blocca così i processi di ricerca e sviluppo”, ha dichiarato in sintesi solo la scorsa settimana il ministro della Salute Girolamo Sirchia durante l’inaugurazione di un nuovo servizio di informazione sul tema della Sanità targato Ansa. “Colpa di una cattiva informazione che dà troppo credito agli oscurantisti”. A chi è dentro il processo della divulgazione scientifica le cose non sembrano esattamente così, ma certo l’esperienza di ognuno si basa sui piccoli numeri, sulle esperienze personali. Per fortuna Observa, un’associazione senza fini di lucro che si occupa del rapporto fra scienza e società, ha realizzato un annuario che raccoglie dati provenienti da indagini europee e nazionali sul tema della ricerca. E traccia così un quadro sintetico, dettagliato e aggiornato per comprendere lo stato e le trasformazioni della ricerca nella nostra società. Il volumetto è diviso in tre parti ognuna delle quali analizza un aspetto del rapporto cittadini-scienza. Si parte con le politiche della ricerca, le azioni di pubblico e privato per incentivare ricerca e sviluppo. Si snocciolano così pagine piene di grafici e tabelle sul numero di laureati e dottorati in materie scientifiche, di ricercatori presenti nelle università, negli enti pubblici e nelle aziende private, dei finanziamenti alla ricerca, del tipo di ricerca che si svolge nei laboratori italiani e della risonanza che essa ha in campo internazionale. Chiudono ogni sottosezione commenti di Federico Neresini, sociologo dell’Università di Padova, e Massimiano Bucchi, sociologo all’Università di Trento.La fotografia che ne viene fuori è piuttosto interessante. L’Italia soffre di una crisi di vocazione scientifiche, come del resto tutti i paesi europei. La scienza sembra non avere appeal per i giovani. Come mai? La risposta arriva indirettamente dalla lettura dei diversi grafici. È prima di tutto un problema di figure di riferimento. In Italia il ricercatore lavora prevalentemente nel pubblico, non ha una professionalità su cui il capitale, quello privato, punta per migliorare le proprie prestazione, pubblica relativamente poco e quindi non ha visibilità internazionale. Insomma, per un giovane non si tratta certo di una prospettiva allettante.Lo scarso interesse cronico delle industrie italiane per l’investimento in ricerca e sviluppo è testimoniato peraltro dal grafico relativo al numero di imprese operanti in settori ad alta innovazione che cooperano a scopi di ricerca con altre imprese, università o centri di ricerca pubblici dove l’Italia è all’ultimo posto.La seconda parte è dedicata a Scienza, cittadini e tecnologia e anche qui l’analisi dei dati rivela particolari interessanti. Il livello di ignoranza scientifica degli italiani è nella media europea, certo maggiore di quello di svedesi, olandesi o finlandesi ma minore di quello di spagnoli, portoghesi e irlandesi. Non brilliamo quindi per competenza scientifica, ma riteniamo che la scienza abbia un alto valore educativo e che in generale le sue conoscenze portino benefici per la comunità. Gli italiani non si discostano dalle opinioni della maggioranza degli europei anche quando si parla di biotecnologie – favorevoli a quelle mediche, meno a quelle agroalimentari – e alternano fiducia e valutazioni critiche nei confronti degli scienziati.“Parlare di oscurantismo scientifico e di cultura antiscientifica dilagante risulta dunque spesso fuori luogo”, scrive Neresini in un breve saggio a commento dei dati, “o quanto meno, una fuorviante esagerazione”. La situazione, come dimostra l’annuario di Observa, è più complessa di come la si vuole dipingere. Scienza e società hanno da sempre faticato a comunicare. Oggi questa difficoltà si nota di più perché i cittadini sono più esigenti, “hanno deciso di ritirare la cambiale in bianco che avevano staccato a favore della comunità scientifica”, con le parole dello studioso. Ora è il momento di rispondere alle domande che vengono dal basso, anche se a volte possono essere considerato sciocche o non appropriate. Il rischio, altrimenti, è quello di far perdere alla scienza quel residuo di appeal che gli rimane.Chiude l’annuario una parte di servizio dove sono riportati istituzioni, libri, siti, suole di comunicazione scientifica. Una ricca parte di riferimenti, quindi, che fa di questo volume un utilissimo strumento di riferimento per chi vuole davvero capire quale sia il rapporto dei cittadini con l’universo della produzione scientifica.

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