Categorie: Tecnologia

Il latte scremato si fa con gli ultrasuoni

Dopo le ecografie, i sonar, gli sterilizzatori, gli ultrasuoni sbarcano anche altrove. Grazie a uno studio nato da una collaborazione tra la Swinburne University of Technology in Australia e la Commonwealth Scientific and Industrial Research Organization (Csiro), le onde ultrasoniche potranno infatti essere utilizzate per separare i grassi dal latte intero. Di fatto per creare latte scremato. La tecnica, presentata al 169° Meeting of the Acoustical Society of America (Asa), permetterà di utilizzare su grandi volumi di liquido una tecnologia normalmente applicata su piccola scala, ampliandone l’uso all’industria casearia.

Gli ultrasuoni sono onde acustiche stazionarie e quando si propagano in un liquido che contiene particelle, interagiscono con esse producendo una forza di radiazione acustica, una forza che fa muovere le particelle, a seconda della loro densità, lungo l’onda ultrasonica stessa. Questa proprietà può essere sfruttata nel processo di scrematura perché il grasso è presente nel latte sotto forma di globuli del diametro di circa 1-10 µm, come spiega Thomas Leong della Swinburne University of Technology: “Abbiamo stabilito con successo le condizioni operative e le limitazioni della tecnica per la separazione dei grassi dal latte intero tramite gli ultrasuoni. Il nostro metodo può essere usato per selezionare specificamente globuli di grasso delle dimensioni desiderate, a seconda del tipo di prodotto del latte che si vuole ottenere.” Tramite la scrematura è infatti possibile ottenere frazioni più o meno grasse che permettono di creare diversi prodotti caseari.

I ricercatori, grazie alla nuova tecnica, sono riusciti a separare i glubuli di grasso più grandi, che restano in superficie, da quelli più piccoli, che formano il cosiddetto latte scremato. Inoltre il processo, rispetto ai metodi convenzionali – he tradizionalmente si basano sulla centrifugazione del latte ad una temperatura di circa 55°C – ha una resa migliore ed è più veloce.

Fino ad ora non era stato possibile usare questo approccio su grandi volumi perchè la forza di radiazione acustica tende ad attenuarsi sulle lunghe distanze. Lo strumento messo a punto dai ricercatori australiani presenta però due trasduttori che permettono la riflessione dell’onda su se stessa e quindi il perdurare della forza anche se lo strumento è di dimensioni più elevate e può contenere fino a due litri di latte.

Il prossimo step sarà quello di lavorare in concerto con piccoli produttori caseari, per dimostrare l’efficacia della tecnica. La sfida di Leong e colleghi sarà quella di produrre latte e formaggi che abbiano una migliore qualità rispetto a quelli prodotti con i metodi tradizionali.

Riferimenti: Acoustical Society of America 

Credits immagine: Mark Probst/Flickr CC

Anna Lisa Bonfranceschi

Giornalista scientifica, a Galileo Giornale di Scienza dal 2010. È laureata in Biologia Molecolare e Cellulare e oggi collabora principalmente con Wired e La Repubblica.

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