Il meglio della scienza secondo Nature

The Nature Yearbook of Science and Technology, 2001
a cura di Declan Butler
pp.2125, 54.99 sterline

La ricerca scientifica ha una dimensione internazionale che è impossibile sottovalutare. Ogni Stato ha le sue istituzioni, più o meno ricche, più o meno grandi, dedicate allo sviluppo scientifico e tecnologico. The Nature Yearbook of Science and Technology fornisce un valido aiuto per orientarsi in questo vasto panorama, dedicando attenzione alle diverse realtà nazionali. Maggiore attenzione è naturalmente dedicata alle istituzioni britanniche e statunitensi, ma un buon colpo d’occhio si ricava sulla situazione mondiale della ricerca, soprattutto grazie alle tabelle di confronto statistico presenti alla fine del volume.

Risulta certo un po’ deficitaria la compilazione riguardo gli altri paesi. Per quanto riguarda l’Italia, riesce difficile comprendere perché tra i centri di ricerca universitari risultino solo l’università di Ancona, quella di Camerino, e la scuola di medicina di Tor Vergata. Oppure perché tra i centri di ricerca medica vi siano solo l’Istituto europeo di oncologia di Milano e il Bambin Gesù di Roma. Il San Raffaele di Milano, la Normale di Pisa, i vari parchi scientifici sparsi sulla penisola, i Politecnici, non meritano menzione. Anche per il Cnr, non si va oltre un generico ruolo di supervisione e collaborazione con l’ambiente accademico, senza specificare quali siano gli istituti che gestisce, nonostante alcuni di essi siano all’avanguardia.

Se questo è accaduto per uno dei paesi (teoricamente) più sviluppati, possiamo immaginare che nazioni ancor più lontane del mondo anglosassone abbiano ricevuto un trattamento ancora peggiore. Il volume si segnala quindi più per gli articoli su quali sono i temi più caldi sulla tavola scientifica, presenti all’inizio del volume: progetto Genoma, farmaci, rapporto scienza/società, informatica d’avanguardia, armamenti, piuttosto che per la completezza di informazione sulle istituzioni scientifiche nel mondo.

Rilevante comunque la mancanza di scritti riguardanti le biotecnologie agrolimentari che diano voce al dissenso scientifico in questo campo. Interessanti anche i brevi saggi sulle prospettive presenti e future delle ricerche in alcuni singoli Paesi, per quanto anch’essi attingano esclusivamente al serbatoio di Nature, e siano quindi fortemente condizionati.

Il testo diventa quindi più interessante per chi si occupa di politica della scienza, piuttosto che per chi lo vorrebbe usare come strumento di consultazione esaustivo. Il volume è quindi interessante per sapere cosa pensa Nature della ricerca scientifica attuale. Ma forse, dalla maggiore (e migliore) rivista scientifica del mondo, ci si potrebbe aspettare una maggiore imparzialità.

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