Il mestiere di medico

Giorgio Cosmacini
Il mestiere di medico. Storia di una professione
Raffaello Cortina, 2000
pp.176, £ 29.000

“La medicina non è una scienza, è una pratica basata su scienze e che opera in un mondo di valori”. E’ l’apertura di questo nuovo volume di Giorgio Cosmacini, dichiarazione insieme filosofica e storiografica. Da un lato sancisce l’impossibilità di pensare la medicina al di fuori della sua azione pratica. Dall’altro, la necessità di ricostruirne la storia seguendo l’evoluzione di che questa azione porta a termine, più o meno efficacemente: il medico. E’ questa infatti la figura chiave che unisce la teoria e la pratica, coniugando entrambe ai valori della società di cui fa parte. L’autore segue quindi lo sviluppo di questa professione (con qualche doppio senso definito “il mestiere più antico del mondo”) lungo l’arco di oltre tre millenni, dall’antico Egitto all’evo contemporaneo, attraverso i ritratti quotidiani di 16 professionisti. Il “sunu” egizio è quindi accanto al medico della mutua, al monaco erborista, al medico dei lavoratori del Settecento. Personaggi noti a fianco di anonimi medici di campagna, ricostruendo per ogni periodo metodi, teorie, e speranze, per la cura di quelle malattie hanno accompagnato la storia della società occidentale. Patologie per le quali spesso l’impotenza del curante si è mascherata dietro alla credenza in forze esterne e incontrollabili, e di cui l’origine socio-ambientale è oggi chiara.

Più che i farmaci, sono state le mutate condizioni di vita e di lavoro a produrre un cambiamento nella condizione medico-sanitaria della popolazione, la cui aspettativa di vita è cresciuta in modo imprevedibile, offrendo così l’occasione di confrontarsi con nuovi mali un tempo ignoti, quali le malattie degenerative da senescenza. E l’impotenza di fronte a queste, viene di nuovo mascherata con una scienza che assomiglia spesso ad una credenza religiosa, con i suoi dogmi e i suoi ministri. Notevoli differenze però sussistono tra il presente e il passato, prima fra tutte la perdita del rapporto medico-paziente che ancora fino a pochi decenni fa rappresentava il merito principale della professione. La figura del medico di famiglia, che aveva in cura diverse generazioni della stessa casa, sta scomparendo, rendendo il medico di base una figura intermedia tra le istituzioni (e le case farmaceutiche) e il malato, la cui funzione curativa e compassionevole (nel senso di cum patire, soffrire insieme) è dissolta dietro la crescente specializzazione e l’avanzare della tecnologia. La perdita di questo rapporto umano è uno delle cause che stanno dietro all’esplosione di mostruosità quali il caso Di Bella.

Alla professione medica nel suo aspetto quotidiano è dedicato anche “Il sonno del grande clinico” di Giorgio Dagnini (Marsilio, 2001), che fa da complemento narrativo alla storia “seria” di Cosmacini. Una raccolta di brevi racconti, autobiografici e non, che con arguzia e ironia fotografano il mondo della medicina, universitaria e ospedaliera, nel dopoguerra. Suore troppo potenti, contadini spaventati, o primari baronali, la penna dell’internista Dagnini è sempre molto felice e leggera nel disegnare brevi ritratti di persone che tutti abbiamo conosciuto nell’esperienza quotidiana. E’ quindi un ottimo aiuto per entrare nel lato umano del “mestiere di medico” ed é, come il volume di Cosmacini, consigliato quindi sia agli inesperti che agli addetti ai lavori.

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