Il meteo per prevenire il colera

Per programmare i fine settimana, spesso, ci si affida al meteo, ma le previsioni del tempo non sono meno utili agli epidemiologi. Ora, anche per prevedere la diffusione del colera, come spiega uno studio condotto da Rita Reyburn dell’International Vaccine Institute, in Corea, pubblicato su American Journal of Tropical Medicine and Hygiene. Monitorando temperatura e umidità in alcune aree dell’isola africana di Zanzibar, i ricercatori hanno infatti scoperto che all’aumento di un grado centigrado della temperatura corrisponde quasi il raddoppio dei casi di infezione.

Ultimamente il colera è tornato a far parlare di sé, soprattutto in Camerun e ad Haiti. Nei mesi scorsi, la capitale camerunese è stata protagonista di un’impennata nel numero di nuovi contagi. Le presunte colpevoli sono le abbondanti piogge di febbraio, arrivate molto prima rispetto agli anni passati. Ad Haiti, invece, complici le critiche condizioni igienico-sanitarie post terremoto, 300 mila persone si sono ammalate e 5 mila sono morte. Come per il Camerun, anche qui si teme che l’arrivo della stagione delle piogge possa peggiorare la situazione. 

Per comprendere meglio la relazione tra clima ed epidemia, il gruppo di Reyburn ha censito i casi di colera verificatesi dal 2003 al 2008 in alcune aree dell’isola di Zanzibar, in Tanzania. Mettendo in relazione l’andamento della malattia con alcuni parametri ambientali (clima, umidità, piogge, temperatura degli oceani), i ricercatori hanno scoperto che temperature più alte di appena 1°C e aumenti di 200 mm nel livello delle precipitazioni mensili favoriscono enormemente la diffusione dell’infezione (nel primo caso, nei 4 mesi successivi all’aumento, quasi raddoppia il numero di malati). Questi risultati sono stati validati con un modello statistico elaborato per studiare gli andamenti stagionali di altre malattie tropicali, come malaria e dengue

La speranza dei ricercatori è che, monitorando temperature e piogge, si possa giocare d’anticipo e bloccare un’epidemia di colera sul nascere, magari aumentando gli sforzi per la vaccinazione. Conoscendo con precisione le condizioni che favoriscono l’insorgere dell’infezione, infatti, si riuscirebbe a prevenire una malattia di per sé non letale ma che, per le pessime condizioni igienico-sanitarie di molti paesi – Africa sub-sahariana e Asia sudorientale in primis -, causa ancora migliaia di decessi ogni anno. 

Riferimento: Am J Trop Med Hyg 2011 84:862-869

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