Il rischio nel bicchiere

La possibilità di rifornimenti idrici sicuri continua a essere una chimera per le popolazioni del delta del Gange. Le falde acquifere a cui attingono i pozzi scavati per soddisfare i fabbisogni delle comunità rurali sono infatti contaminate dall’arsenico. La scoperta risale ai primi anni Novanta quando le autorità sanitarie avviarono inchieste per stabilire le cause dell’anomalo aumento di patologie cancerose. Solo oggi, tuttavia, ci si rende conto dell’effettiva portata del fenomeno. In mancanza di dati ufficiali sull’incidenza dell’avvelenamento da arsenico in Bangladesh, Charles Harvey, geochimico del Massachusetts Institute of Technology di Boston, e la sua équipe sono ricorsi a un modello statistico per valutare il problema. Nonostante le difficoltà dovute alle repentine variazioni della concentrazione di arsenico, si è tento di elaborare una previsione sui rischi per la popolazione esposta. Il modello mette in relazione i dati geologici forniti dal British Geological Survey con gli studi medici condotti nelle aree interessate dalla contaminazione. I risultati ottenuti, pubblicati su Water Resourches Research, per quanto approssimativi, non sono incoraggianti. L’arsenico presente nell’acqua potrebbe infatti causare ogni anno in Bangladesh 125 mila casi di lesioni cancerose della pelle e tremila decessi. Ma il modello realizzato permette pure di stimare l’incidenza di eventuali interventi correttivi. Una drastica riduzione, pari al 70 per cento, delle previsioni precedenti si otterrebbe scavando pozzi più profondi che attingono da falde meno contaminate.

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