È un approccio che si è già rivelato vincente nell’esplorazione dei fondali oceanici. E ora gli scienziati della Nasa sperano di riuscire ad applicarlo anche allo studio di pianeti lontani. In gergo si chiama telerobotica: è la scienza che studia come comunicare e controllare un robot a distanza. Un po’ come facevamo da piccoli con le automobili telecomandate: naturalmente, quando le distanze in gioco sono dell’ordine di centinaia o migliaia di chilometri e di mezzo c’è il vuoto dello Spazio, le cose si fanno estremamente più complicate. Ma non impossibili: i primi due test effettuati dall’agenzia spaziale americana il 17 giugno e il 26 luglio scorsi hanno infatti avuto riscontri molto positivi e incoraggianti per il futuro, come ha annunciato la stessa Nasa. Una buona notizia per cui possiamo doppiamente gioire, dato che il secondo test è stato condotto dal nostro Luca Parmitano, l’astronauta italiano attualmente in volo qualche centinaio di chilometri sopra le nostre teste, a bordo della Stazione spaziale internazionale (Iss).
“Questo progetto”, racconta Terry Fong, capo del progetto Human Exploration Telerobotics e direttore dell’ Intelligent Robotics Group della Nasa, “rappresenta la prima operazione robotica completamente interattiva di un rover effettuata da un astronauta nello Spazio”. Durante il primo test, l’ingegnere di volo Chris Cassidy (l’astronauta cui Parmitano ha recentemente dato il cambio, autore del primo videoclip spaziale) ha manovrato dalla Iss il rover planetario K10, facendolo muovere all’interno del Roverscape, un’area di prova della dimensione di due campi da calcio situata ad Ames, in California. K10 è un veicolo a quattro ruote motrici, capace di muoversi alla velocità di 3 metri al secondo ed equipaggiato con diverse telecamere e un sistema di scansione laser tridimensionale per osservare il terreno circostante. Per oltre tre ore, Cassidy ha usato il robot per esplorare il suolo roccioso simil-lunare del Roverscape.
Il 26 luglio il joystick è passato a Parmitano. Ha preso il controllo del rover e ha avviato la costruzione di un’antenna centinaia di chilometri sotto di lui, utilizzando il protocollo di comunicazione Rapid (Robot Application Programming Interface Delegate), sviluppato ad hoc dalla Nasa. Anche il secondo esperimento, stando a quanto afferma l’agenzia spaziale statunitense, ha avuto un esito positivo. La Nasa prevede ora di eseguire un’ulteriore sessione di test ad agosto, per perfezionare il posizionamento dell’antenna e continuare a studiare l’interazione uomo-robot.
La prima applicazione vera del sistema potrebbe coinvolgere gli astronauti a bordo della navicella Orion, in viaggio verso L2, il punto di Lagrange tra la Terra e la Luna (laddove la gravità del nostro pianeta e del suo satellite si bilanciano in modo tale da permettere a un’astronave di mantenere facilmente un’orbita stazionaria). Da lassù, gli astronauti dovrebbero manovrare un robot per assemblare un radiotelescopio sulla superficie lunare, nel lato più lontano dalla Terra. Una missione particolarmente interessante e istruttiva, perché permetterebbe di eseguire misure della radiazione cosmica senza l’interferenza del rumore terrestre.
Via: Wired.it
Credits immagine: NASA/Dominic Hart