Il sonno irregolare degli astronauti

L’assenza di gravità e la mancanza di segnali che indicano l’alternarsi di giorno e notte mandano in tilt l’orologio biologico degli astronauti. Lo ha dimostrato il primo studio sugli effetti a lungo termine delle missioni spaziali condotto da alcuni ricercatori dell’Università di Pittsburgh (Usa). La ricerca, finanziata dalla Nasa, sarà pubblicata a dicembre sulla rivista Psycosomatic Medicine. I ricercatori hanno monitorato le reazioni corporee di alcuni astronauti che hanno vissuto per cinque mesi a bordo della navicella russa Mir e hanno scoperto che dopo tre mesi di navigazione nello spazio, questi cominciavano a dormire male e a perdere il sonno. La spiegazione starebbe nei cambiamenti subiti dal fascio di cellule nervose (endogenous circadian pacemaker) che controllano il ciclo corporeo del sonno e sono responsabili dell’insonnia. Il comportamento degli astronauti è stato esaminato in tre fasi della missione: durante le prime due-tre settimane, nel mezzo e alla fine del periodo. I dati raccolti hanno mostrato che mentre all’inizio gli astronauti avevano un ciclo normale delle fasi di sonno e veglia, dopo quattro mesi avevano perso il senso del giorno e della notte. “Ogni 45 minuti la luce e il buio si alternavano in modo da far saltare totalmente il bioritmo”, ha raccontato Jerry Linenger, uno degli astronauti che ha partecipato allo studio. Per superare il problema e regolare il bioritmo su un ciclo di 24 ore sono già stati sperimentati alcuni rimedi: dalle pillole alla melatonina (l’ormone secreto dalla ghiandola pineale responsabile del ciclo del sonno), all’uso di luci particolarmente brillanti a imitazione della luce solare. I ricercatori inoltre hanno anche suggerito di modificare il modo di usare la luce all’interno delle astronavi e di compiere esercizi per minimizzare gli effetti dell’assenza di gravità. (d.d.v.)

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