Il tempo nella banca

Ricordate le banche del tempo, nate nel 1992 in Emilia Romagna e poi diffuse nel territorio nazionale? In Italia ce ne sono ormai 259, e l’ultima nata è nel Comune di Roma, terza circoscrizione, gestita da Sos razzismo e dall’Unione italiana solidarietà del Lazio, due associazioni di volontariato. Si tratta di un’esperienza nata con lo scopo di far incontrare e scambiare bisogni e risorse di persone diverse, spesso coincidenti. Chi si iscrive segnala i servizi di cui ha bisogno e quelli che è in grado di offrire. L’istituto si presta a fare da intermediario, mettendo in contatto tra loro le persone. L’unità di misura dello scambio è il tempo, e ad ogni “correntista” viene consegnato un libretto degli assegni su cui registra il tempo in dare e quello in avere; a fine mese viene spedito l’estratto conto e si richiama al rientro chi è in rosso. Il tutto avviene su base gratuita, e ogni professionalità ha lo stesso valore: le consulenze legali di una avvocato sono valutate allo stesso modo di un corso di cucina.

A Roma le banche del tempo sono diciannove, dislocate nelle varie circoscrizioni. Ognuna ha come referente il Comune ed è gestita da una associazione promotrice che, attraverso l’impegno di volontari, organizza tutte le attività d’incontro e di scambio. Si tratta di sopperire a esigenze diverse. Prima fra tutte, la mancanza di un sistema istituzionalizzato di assistenza sociale in grado di rispondere ai bisogni delle fasce sociali più marginali. Ma anche la necessità di stabilire dei rapporti di “buon vicinato” per incentivare la socializzazione e integrare effettivamente le persone all’interno della comunità locale. Con risultati come servizi a costi più bassi e valorizzazione della forza-lavoro disoccupata.

L’esempio italiano nasce da diversi anni di esperienza anglosassone: proprio in Inghilterra sono stati fondati, nei primi anni novanta, i Lets (Local Exchange Trading Sistem). L’esigenza dei Lets era dettata dal desiderio di correggere la logica dell’economia di mercato, sviluppando al suo interno rapporti più personali. Attualmente ce ne sono circa 600 nel mondo anglosassone, di cui 300 in Gran Bretagna, 200 in Australia, 80 in Nuova Zelanda, 10 negli Stati Uniti. Sulla scia di questa esperienza sono nate realtà analoghe in Germania, Francia, Belgio, Olanda, Austria e Spagna, magari auspicando la costruzione di una Unione europea solidale, oltre che economica.

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