Categorie: Salute

Immunoterapia contro la leucemia linfatica

La leucemia linfatica cronica (Llc) è la forma di leucemia più diffusa negli adulti e nel mondo occidentale, caratterizzata da un’espansione anomala di linfociti di tipo B. I pazienti in stadi avanzati della malattia soffrono spesso di resistenza ai trattamenti e hanno frequenti ricadute. Una speranza per loro arriva oggi da uno studio pubblicato su Science Translational Medicine, che mostra la parziale efficacia dell’immunoterapia nella lotta alla malattia.

L‘immunoterapia è un approccio relativamente recente nel trattamento dei tumori, per lo più a livello sperimentale, che si basa sulla capacità di potenziare l’attività delle cellule del sistema immunitario per combattere le cellule malate.

Un cambio concettuale nella lotta ai tumori: anziché colpire le cellule malate si potenziano le difese dell’organismo, combattendo il tumore indirettamente. Un’innovazione che la stessa rivista Science nel 2013 aveva incluso tra gli avanzamenti più importanti dell’anno nel campo della ricerca, grazie sopratutto ai successi ottenuti con l’ingegnerizzazione delle cellule T, modificate per riconoscere meglio e distruggere le cellule malate.

Anche nello studio riportato su Science Translational Medicine l’approccio nei confronti della malattia è stato quello di armare l’esercito dei linfociti T per renderli più aggressivi contro le cellule tumorali. Come? Modificando (geneticamente) i linfociti T dei pazienti stessi per far in modo che esprimano recettori antitumorali, noti come chimeric antigen receptors (Car), i quali riconoscono alcune proteine (antigeni) presenti sulle cellule da colpire (in questo caso CD19 sulle cellule B). Dopo l’espansione in laboratorio queste cellule vengono re-infuse nel paziente dove, grazie al riconoscimento guidato dal recettore e all’attività citotossica propria dei linfociti T, presumibilmente si aspetta che combattano con più forza le cellule malate. Un esempio perfetto di terapia cellulare personalizzata.

David Porter della Perelman School of Medicine della University of Pennsylvania racconta oggi i risultati del follow-up di 14 pazienti con Llc in stadio avanzato che hanno ricevuto la terapia cellulare sperimentale in seguito a ricadute e progressione della malattia malgrado le terapie farmacologiche. Molti di questi, aggiungono i ricercatori, non erano neanche eleggibili per un trapianto di staminali da midollo osseo.

Per otto di questi pazienti (il 57%), i trattamenti con immunoterapia sono stati efficaci, riuscendo in quattro casi ad ottenere una remissione completa senza ricadute (negli altri parziale). Di quelli a remissione completa due sono rimasti cancer-free fino a quattro anni dalla somministrazione del trattamento, grazie presumibilmente alle cellule T modificate che – come mostrato dalle analisi del sangue – persistevano e si moltiplicavano a lungo nei pazienti. Questo, ha spiegato Carl H. June, della Perelman School of Medicine della University of Pennsylvania e tra gli autori della ricerca, suggerisce che almeno alcune delle cellule modificate (CTL019) mantengono l’abilità di rintracciare le cellule neoplastiche per lunghi periodi di tempo.

I pazienti trattati con infusioni cellulari hanno sviluppato come effetti collaterali rilevanti risposte infiammatorie spesso associate alle terapie, ma non altre complicazioni importanti, notano i ricercatori.

I trial sulle potenzialità dell’immunoterapia ora continuano e continueranno, anche cercando di capire meglio le relazioni dose-risposta. Altri approcci futuri potrebbero riguardare la possibilità di combinare l’immunoterapia con terapie farmacologiche, concludono gli autori.

Credits immagine: National Cancer Institute/Wikipedia

Anna Lisa Bonfranceschi

Giornalista scientifica, a Galileo Giornale di Scienza dal 2010. È laureata in Biologia Molecolare e Cellulare e oggi collabora principalmente con Wired e La Repubblica.

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  • Grazie e complimenti !!!

    State svolgendo una attività di informazione bio-medica di OTTIMO livelllo,

    Vincenzo Miggiano

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