In aula tira una brutta aria

Nelle scuole europee, e soprattutto in quelle italiane, si respira una cattiva aria. È l’esito dell’indagine Hese (Health Effect of School Environment), promossa dalla Comunità europea e coordinata da Piersante Sestini, medico specialista in Malattie dell’Apparato Respiratorio all’Università di Siena.

Lo studio internazionale, i cui risultati sono stati pubblicati sull’European Respiratory Journal (Erj), ha coinvolto alcune scuole di Siena, Udine, Aarhus (Danimarca), Reims (Francia), Oslo (Norvegia) e Uppsala (Svezia), frequentate da più di 600 alunni dell’età media di dieci anni. Per valutare la qualità dell’aria all’interno e all’esterno degli edifici, i ricercatori hanno analizzato diversi fattori ambientali, quali la temperatura, l’umidità relativa, le polveri sottili, l’anidride carbonica, il biossido d’azoto, i composti organici volatili, l’ozono, gli allergeni e le muffe.

“I dati raccolti mettono in evidenza la mancanza di un’adeguata ventilazione in due terzi delle aule prese in esame, le stesse dove è presente la maggior parte dei bambini con problemi respiratori”, ha commentato Marzia Simoni dell’Istituto di Fisiologia Clinica (Ifc-Cnr) e coautrice dell’articolo. Secondo lo studio, questa situazione espone gli studenti a livelli eccessivi di micropolveri e anidride carbonica, i cui valori registrati superano i limiti di sicurezza rispettivamente nel 78 per cento e nel 66 per cento delle aule analizzate. Secondo le indicazioni internazionali, il ricambio minimo d’aria nelle scuole dovrebbe essere di 8 litri al secondo per persona, ma il 97 per cento delle scuole esaminate non rispetta questo standard. Solo in Svezia e Norvegia, dove la maggior parte delle scuole è dotata di sistemi di ventilazione, questi valori risultano sempre al di sotto della soglia di guardia.

Pessima la situazione in Italia, dove la concentrazione delle micropolveri nelle aule ha una media di 150 microgrammi per metro cubo, rispetto ai 50 microgrammi ammessi come limite per l’esposizione a lungo termine (e pari al livello massimo per l’esposizione a breve termine, fissato appunto a 150). Peggio del Belpaese solo la Danimarca, dove sono stati registrati 170 microgrammi per metro cubo.

Riferimento: European Respiratory Journal doi:10.1183/09031936.00016309; Cnr

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