In extremis il decreto della discordia

L’iter della legge delega ambientale volge al termine. Con l’approvazione del Codice unico dell’ambiente, un faldone di 700 pagine per 318 articoli più 45 allegati, lo scorso 10 febbraio il Consiglio dei Ministri ha dato il via libera definitivo allo schema di Decreto Legislativo che attua la legge 308/2004 per il riordino, il coordinamento e l’integrazione della legislazione in materia ambientale. “Un fiore all’occhiello per la legislatura”, secondo il ministro dell’Ambiente Altero Matteoli, “un’operazione scandalosa” invece per le associazioni ambientaliste, che tornano alla carica. Il testo, dicono in un appello al Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, cui spetta la firma finale, è incostituzionale perché approvato nonostante il parere negativo delle Regioni e delle autonomie locali, che già minacciano un ricorso alla Corte Costituzionale, e procurerà all’Italia numerose procedure d’infrazione da parte dell’unione Europea per il mancato recepimento delle direttive comunitarie. Sono sei i settori chiave in cui il decreto interviene: tutela delle acque e gestione delle risorse idriche, difesa del suolo, tutela dell’atmosfera, danno ambientale, gestione dei rifiuti e bonifiche e procedure per la Valutazione d’impatto ambientale (Via), quella strategica (Vas) e l’Ippc (autorizzazione ambientale integrata). Tra le novità più rilevanti, gli incentivi per le energie rinnovabili, la nascita dei distretti idrografici e dell’Authority per l’acqua, il rafforzamento della clausola sociale per tutelare i lavoratori in alcuni settori ambientali e l’obbligo della Via sul progetto preliminare delle opere. Ma queste modifiche non convincono per niente le associazioni: oltre ad essere stato concepito in una sorta di bunker politico, senza il necessario confronto con tutte le parti coinvolte, il decreto non raggiunge affatto l’obiettivo di rimettere ordine nel caos normativo in materia ambientale. Al contrario, smantella le più avanzate norme ambientali e allontana dagli standard europei. E’ il caso dei rifiuti, che già è valso al nostro paese una procedura d’infrazione da parte dell’Ue. Introducendo i concetti di “sottoprodotto e di “materia prima seconda”, infatti, il decreto sottrae milioni di tonnellate di materiali derivanti da attività industriali ed artigianali ai vincoli normativi. Una volta riutilizzati, essi non vengono più considerati rifiuti e sfuggono alle norme restrittive sull’incenerimento e l’emissione in atmosfera. A ciò si aggiunge la questione della bonifica dei siti inquinati. Mentre fino ad oggi chi inquinava oltre certi valori limite doveva bonificare, con questo testo vengono messi in secondo piano i valori limite e si introduce il concetto dell’analisi di rischio e dell’autocertificazione, per cui sarà lo stesso inquinatore a dover dimostrare se l’inquinamento oltre una certa soglia produce danni all’ambiente o alla salute. Così, secondo l’analisi del Wwf, il limite di tolleranza per l’inquinamento in un sito sarà pari a un morto per ogni 100 mila abitanti, contro un morto per un milione di abitanti degli Stati Uniti. Anche per quanto riguarda l’inquinamento atmosferico, dicono le associazioni, il Dlgs non è abbastanza duro con gli inquinatori ma ne alleggerisce le responsabilità. Altro tema contrastante è quello della Valutazione di impatto ambientale e strategica, cioè quelle procedure stabilite da leggi comunitarie per valutare se il progetto di un’opera è compatibile con l’ambiente. “Anche su questo sarà di sicuro avviata una procedura d’infrazione”, commenta Eliot Laniado, direttore del consorzio Poliedra del Politecnico di Milano che è intervenuto al Convegno “Le politiche regionali per l’ambiente e lo sviluppo sostenibile” svoltosi il 14 febbraio a Bologna. “Prima di tutto perché il decreto prevede la Via sia fatta per tutte le opere, non solo per quelle strategiche, nella fase preliminare del progetto, a differenza di quanto dice invece la direttiva Ue. Inoltre, non sono state recepite tutte le opere presenti negli elenchi europei e sono stati ridotti da 150 a 90 i giorni utili per la valutazione, troppo pochi per l’intera procedura”. Passato questo termine, inoltre, la decisione passa direttamente al governo senza la partecipazione dei cittadini, delle associazioni, dei comuni ed altri enti locali, che, secondo le leggi europee, possono e devono partecipare alle fasi di approvazione dei progetti. “Questo Dlgs dimentica ogni forma di coinvolgimento e concertazione e snatura la funzione della Vas, confondendola con la Via: da processo che deve integrare le considerazioni ambientali di tutti gli enti prima dell’adozione dei piani, essa viene interpretata come un rapporto di impatto ambientale conseguente all’attuazione di un progetto, quindi senza la partecipazione e la consultazione del pubblico stabilita dalle norme dell’Unione”.

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