Categorie: Salute

Infarto: il cuore si rigenera in sette giorni

Grazie alla terapia genica potrebbe essere possibile riparare in tempi molto rapidi i danni dovuti all’infarto del miocardio. Ad indicarlo è uno studio condotto su topi nei laboratori dell’Università della Pennsylvania e pubblicato sull’ultimo numero della rivista Science translational medicine. Gli scienziati hanno confermato che iniettando un particolare tipo di microRna nel cuore di cavie colpite da infarto, le cellule cardiache riprendono a replicarsi, portando in circa sette giorni alla rigenerazione del tessuto danneggiato.

Questo fenomeno è di segno contrario rispetto a quanto si osserva normalmente in natura. Il tessuto cardiaco adulto dei mammiferi, infatti, ha una capacità estremamente limitata di replicare se stesso. Ciò conduce all’incapacità di fornire al miocardio una sufficiente quantità di cellule da utilizzare in sostituzione di quelle distrutte dall’infarto. Quando questo avviene i tessuti vanno incontro a una serie di fenomeni tra i quali la sostituzione con tessuto fibrotico delle cellule andate perdute. Questo è però incapace di contrarsi, portando il cuore a perdere parte della propria capacità di pompare il sangue in tutto l’organismo.

Gli scienziati americani hanno ora scoperto che utilizzando uno specifico sottotipo di microRna, noto come miR302-367, è possibile indurre la ripartenza della replicazione delle cellule cardiache. La molecola fa parte di un percorso biochimico, denominato “Hippo”, che durante lo sviluppo embrionale permette alle cellule cardiache di proliferare ma che, durante la crescita postnatale, funziona da freno nella replicazione delle cellule. Secondo quanto osservato dagli scienziati americani la riattivazione, almeno in parte, è dovuta proprio all’interferenza del microRna utilizzato con tre dei principali enzimi coinvolti in Hippo.

“Questo percorso – spiega Ed Morrisey, direttore dell’Istituto di Medicina rigenerativa dell’Università della Pennsylvania – è responsabile dello stop alla replicazione di cellule adulte, quando attivato. Abbiamo notato che miR302-367 è in grado di interagire con le tre più importanti chinasi (enzimi) coinvolte in Hippo, portando alla sua repressione e al conseguente rientro nel ciclo di replicazione delle cellule muscolari cardiache”.

Durante i test sugli animali sono però emersi alcuni problemi inattesi. Le cellule che sono state esposte a lungo a miR302-367, infatti, hanno continuato a replicarsi ma hanno cominciato a perdere la propria differenziazione, assumendo caratteristiche più simili alle cellule staminali. Si tratta di un fatto negativo, dal momento che questo le ha rese meno efficaci nello svolgere il proprio compito fisiologico. “L’osservazione di questo fenomeno – continua Morrisey – ci ha suggerito che la riattivazione troppo a lungo termine del ciclo cellulare potrebbe mettere a rischio la funzionalità cardiaca”.

Gli scienziati americani hanno ovviato al problema utilizzando una forma sintetica di miR302-367 con la caratteristica di degradare rapidamente, dopo essere entrata in contatto con le cellule cardiache. “Abbiamo portato questo trattamento per circa una settimana – conclude Morrisey –. Alla fine di questo periodo nei cuori degli animali la proliferazione delle cellule muscolari è stata abbastanza veloce da sostenere la formazione di nuovo tessuto funzionante, a discapito di quello fibrotico, portando verso il ripristino la funzionalità cardiaca andata perduta dopo l’infarto”.

Riferimenti: Science Translational Medicine DOI:10.1126/scitranslmed.3010841

Credits immagine: Lab of Ed Morrisey, PhD, Perelman School of Medicine, University of Pennsylvania

Simone Valesini

Giornalista scientifico a Galileo, Giornale di Scienza dal 2012. Laureato in Filosofia della Scienza, collabora con Wired, L'Espresso, Repubblica.it.

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