Infn sulla via della seta

C’era da aspettarselo. La Cina, grazie allo straordinario sviluppo economico e industriale conosciuto negli ultimi anni e soprattutto ai massicci e lungimiranti investimenti nella ricerca scientifica, ha raggiunto i grandi anche sullo spazio. Le imprese spaziali non portano più solo la firma di Stati Uniti, Europa, Giappone e Russia. Nel 2005 due cosmonauti cinesi hanno effettuato la prima passeggiata in assenza di gravità ed è già in programma una missione verso la Luna fissata per il 2012: nel frattempo un orbiter perlustrerà il satellite per studiare il punto migliore di atterraggio della sonda che andrà a raccogliere campioni di roccia per poi riportarli sulla Terra. Mentre la Nasa colleziona ritardi e problemi e restano appese a un filo le sorti dello Space Shuttle, la Cina si è ritagliata un ruolo di primo piano nella realizzazione di razzi vettori e satelliti. E nel futuro la sua posizione non farà che rafforzarsi. Che significa questo per il nostro paese, che ha dedicato il 2006 ai rapporti con il paese asiatico? A saper cavalcare l’onda, si profilano proficue collaborazioni bilaterali tra enti di ricerca, università e industrie. Lo dimostra l’esperienza dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn), apripista sulla via della seta. L’Infn ha già allacciato rapporti stretti con il paese asiatico nel campo della fisica delle astroparticelle, come annunciato a Roma durante una conferenza che ha sintetizzato quanto emerso lo scorso aprile a Pechino nel convegno italo-cinese Particle and Fundamental Physics in Space 2006 (Spacepart06) sulla ricerca fondamentale nello spazio, promosso dall’Infn, la Beihang University e il Ministero della scienza e tecnologia cinese.Italia e Cina, quindi, fianco a fianco. Per esempio, nell’esperimento Ams-02 per gli studi sull’antimateria e sulla materia oscura, che sarà effettuato grazie a una sofisticata strumentazione da installare a bordo della Stazione spaziale internazionale per la fine del 2007. A terra, invece, c’è Argo, un osservatorio astronomico costruito in Tibet per studiare i raggi gamma di altissima energia, utilizzando un rivelatore di sorgenti cosmiche sviluppato in Italia. È anche in cantiere, come racconta Roberto Battiston, direttore della sezione Infn di Perugia e organizzatore del convegno in Cina, un progetto congiunto per il monitoraggio satellitare di fenomeni precursori dei terremoti. Si tratta di progetti ad alto valore tecnologico. E s’intuiscono le opportunità per le aziende del settore. Progetti scientifici tanto ampi non possono prescindere da solide collaborazioni con le imprese e Spacepart06 è stata anche la vetrina in Cina per le più importanti ditte italiane in ambito aerospaziale.Il messaggio è chiaro: l’unione fa la forza. “Gli enti di ricerca sono un ponte verso la Cina. Sono gli ambasciatori della tecnologia italiana nel mondo”, afferma Vincenzo Prati, coordinatore degli eventi dell’Anno dell’Italia in Cina 2006. Ma come ha fatto la Cina ha spostare verso il Sol Levante il baricentro degli interessi della ricerca scientifica nello spazio? “La Nasa”, spiega Battiston, “negli ultimi anni ha adottato una strategia che privilegia investimenti nell’esplorazione planetaria, a scapito della ricerca fondamentale, vedi le missioni su Marte, Plutone. Abbiamo quindi rafforzato le collaborazioni con le Agenzie spaziali che hanno scelto di puntare sulla ricerca di base. La Cina in testa”. Parole che trovano eco e in quelle pronunciate dal rappresentante per la scienza e la tecnologia dell’ambasciata cinese a Roma, Sun Cheng Yong: “La ricerca di base, programmata sul medio e lungo termine, è il settore su cui si gioca il nostro futuro”. L’augurio finale di Yong va al nuovo governo italiano. Perché c’è bisogno della volontà politica per potenziare la ricerca fondamentale, che serve a muovere nuove conoscenze, sì, ma anche la tecnologia, e quindi a catena l’industria e l’economia di un paese. Forse la Cina ci aprirà finalmente gli occhi.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here