InFormAzione per cambiare

InFormAzione per cambiare
4° Rapporto dell’Osservatorio italiano sulla salute globale
Edizioni Ets, Pisa 201119,00 euro

Informazione, formazione, azione. Sono questi i tre punti su cui si concentra la quarta edizione del Rapporto dell’Osservatorio italiano sulla salute globale (Oisg), che si intitola appunto “InFormAzione per cambiare” e che è stato presentato in Senato lo scorso 30 gennaio. Il tema della salute nell’epoca della globalizzazione e dell’iniqua distribuzione di morte e malattia nel mondo, infatti, chiama in causa in primis le istituzioni e la società civile, che devono agire, ma un ruolo cruciale lo hanno anche i mass media e il sistema di conoscenza e formazione. Lo si capisce bene leggendo il rapporto, che mette in evidenza le carenze a livello informativo e formativo che soprattutto l’Italia è chiamata a colmare.

La salute è uno di quei terreni su cui si giocano le carriere politiche e le possibili rielezioni, scrivono Antonella Dentico e Valeria Confalonieri nell’introduzione del volume. Lo dimostra, per esempio, la battaglia sostenuta da Barack Obama per oltre un anno prima dell’approvazione della riforma sanitaria il 21 marzo 2010. Ogni giorno possiamo assistere agli effetti della globalizzazione sulla salute: è il caso della pandemia di influenza suina, delle conseguenze dei cambiamenti climatici o degli stili di vita attuali, che generano depressione, violenze, obesità, cancro. Proprio per questo la salute ha acquisito una crescente rilevanza globale nelle politiche e nelle strategie internazionali ed è diventato un settore strategico su cui investire, con l’entrata in campo anche di nuovi protagonisti: i filantropi milionari, uno su tutti Bill Gates, che hanno introdotto i bisogni dei più poveri nelle logiche di mercato. La Dichiarazione del Millennio del 2000 delle Nazione Unite impegna infatti la comunità internazionale su otto Obiettivi del millennio e fissa specifici traguardi da raggiungere entro il 2015. La maggior parte di questi riguardano proprio i Paesi in via di sviluppo, dove i limiti economici e strutturali si traducono in un mancato accesso ai servizi sanitari essenziali. 

Ma di questo articolato panorama che coinvolge politica, economia, scienza, i cittadini cosa ne sanno, si domandano gli autori del rapporto? Secondo l’analisi fornita, i media hanno un ruolo fondamentale ma non lo sfruttano come dovrebbero. Guardando al solo caso italiano, uno studio pubblicato nel 2010 su PLosOne ha messo in evidenza che oltre al mancato accenno a possibili conflitti di interesse finanziario, la stampa nostrana lascia emergere una scelta di campo nella selezione delle notizie da trattare, per esempio nuovi trattamenti, procedure, test o farmaci, senza però accennare al rapporto costi/benefici delle nuove terapie.

Un altro limite da superare è poi quello della formazione nelle facoltà di medicina, farmacia e scienze umane delle università e della necessità di dare agli operatori sanitari le conoscenze adeguate per affrontare i problemi della salute globale. Una mappatura delle facoltà di medicina italiane svolta dall’associazione Medici con l’Africa Cuamm ha rivelato la presenza di corsi in salute globale e uguaglianza sanitaria, quasi tutti opzionali, in soli 11 atenei. “La promozione della salute nel tempo della mondializzazione richiede infatti nuovi linguaggi e un nuovo paradigma sanitario. Essa rivendica professionisti con conoscenza, competenza e atteggiamenti adeguati al nuovo territorio oggi denominato ‘salute globale’, segnato dall’interdipendenza dei determinanti della salute oltre i confini nazionali”, si legge ancora nella prefazione.

Il rapporto dedica alcuni capitoli a tematiche rilevanti, come la sanità in Usa, le riforme sanitarie in Cina, la salute connessa alla guerra e alle migrazioni e l’influenza suina. Una sezione è dedicata poi agli aiuti allo sviluppo, sui quali l’Osservatorio sulla salute globale continua ad essere critico. “Non siamo convinti che l’aiuto allo sviluppo, da solo e così com’è strutturato e realizzato, possa contribuire a ridurre lo scarto, in termini di reddito e condizioni di vita, tra primo e terzo mondo. Non lo può fare né per la quantità di aiuto corrisposto, nettamente inferiore ai bisogni, né per la qualità dell’aiuto stesso, troppo spesso legata agli interessi dei paesi donatori rispetto alle priorità e alle politiche dei riceventi”, scrive Adriano Cattaneo nella prefazione del volume. “Ma non lo può fare, soprattutto, perché non tocca i meccanismi di scambio ineguale che stanno alla base delle disuguaglianze di reddito nei paesi e tra paesi. E crediamo che l’aiuto allo sviluppo per la salute non costituisca un’eccezione positiva. Anche in questo campo perché le risorse dedicate alla salute sono inadeguate rispetto ai bisogni, ma soprattutto perché solo in piccola proporzione sono dedicate alle priorità di quasi tutti i paesi a basso reddito: il rafforzamento dei sistemi sanitari”. 

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