Inquinamento domestico: quanto fa male e come ci si può difendere

inquinamento indoor

Quando parliamo di inquinamento, è l’aria a nascondere i pericoli maggiori per la nostra salute. Secondo gli ultimi dati dall’Oms circa una morte ogni nove, in tutto il mondo, può essere attribuita all’esposizione a particolato, ozono, biossido d’azoto, e altri principali inquinanti prodotti dall’attività umana. Lo smog che riempie le vie trafficate delle aree urbane è la spia più evidente dei rischi, ma a guardar bene, non siamo al sicuro neanche rifugiandoci tra le mura di casa. Tutt’altro: i pericoli potrebbero essere persino peggiori al coperto, dove le sostanze inquinanti provenienti dall’esterno tendono a concentrarsi, e si vanno a sommare a quelli prodotte dalle nostre attività domestiche. Come difendersi? Esistono semplici pratiche quotidiane che aiutano a rendere sensibilmente più salubre l’aria che respiriamo al chiuso. E anche apparecchi per il monitoraggio e la purificazione dell’aria, sempre più diffusi sul mercato, ma ancora non sempre affidabili. Complice un totale vuoto normativo e la scarsa percezione del problema, però, gli esperti avvertono: si fa ancora troppo poco per difendersi dai rischi dell’inquinamento domestico, quello che affrontiamo tra le pareti di casa.

I pericoli dell’inquinamento

Tra le ore che passiamo in casa, quelle trascorse in ufficio, a scuola, in palestra o al centro commerciale, si stima che il 90% della nostra vita in città avvenga al coperto. È per questo che la qualità dell’aria indoor assume un importanza fondamentale per la nostra salute. “Gli studi disponibili dimostrano che in molte zone d’Europa l’attesa di vita è ridotta di un anno a causa dell’inquinamento atmosferico e che il 90% della popolazione che vive in aree urbane è esposta a livelli non sicuri di inquinanti”, spiega Alessandro Miani, esperto di prevenzione ambientale della Statale di Milano e presidente della Società italiana di medicina ambientale (Sima). “Non vedere la cappa di smog, non vuol dire essere al sicuro purtroppo: se non si prendono adeguate contromisure, l’aria negli ambienti confinati in media è perfino più inquinata: da 5 a 10 volte più di quella esterna”. Il fatto – continua Miani – è che al chiuso gli inquinanti tendono ad accumularsi, e a quelli prodotti da auto e altri fattori esterni si aggiungono anche quelli che produciamo direttamente in casa, con le pulizie, o quando cuciniamo.

Tanti nemici invisibili

Le sostanze di cui parliamo possono essere divisi in due macro gruppi. Da un lato, gli inquinanti chimico-fisici: gas di combustione (come ossidi d’azoto (Nox), biossido di zolfo (So2), monossido di carbonio), particolato atmosferico, polvere, composti organici volatili (i Cov), idrocarburi policiclici aromatici (Ipa), radon, e anche fumo passivo di sigaretta. Dall’altro, invece, quelli di origine più prettamente biologica: batteri, virus, pollini, acari, residui biologici e composti allergenici di altro tipo.

“Si tratta di sostanze che hanno effetti sul sistema respiratorio, provocando asma e allergie, disturbi a livello del sistema immunitario, danni per il sistema cardiovascolare e quello nervoso, oltre che su cute e mucose esposte”, sottolinea Miani. “Ancor più drammatici, forse, sono gli effetti del radon: un gas radioattivo incolore e inodore, che in alcune zone d’Italia emerge spontaneamente dal terreno e si accumula negli ambienti chiusi, legandosi alle polveri sottili che si trovano in caso, e raggiungendo così i bronchi. Qui il suo decadimento radioattivo irradia le cellule dei polmoni, provocando danni al dna che nel nostro paese sono responsabili di 3.200 decessi ogni anno per tumore al polmone, quasi il 10% del totale”.

Discorso a parte, infine, meritano gli ftalati: composti chimici utilizzati nell’industria della plastica per migliorarne flessibilità e modellabilità, che fanno parte del particolato atmosferico. Nelle case si possono trovare un po’ ovunque, e con il deterioramento degli oggetti legato al tempo e alle pulizie, si liberano nell’aria e tendono ad accumularsi al chiuso. Gli studi su questo tipo di inquinamento domestico sono ancora agli inizi, ma gli esperti ritengono che possano rappresentare un rischio molto serio per la salute dei più piccoli, perché si tratta di noti interferenti endocrini, sostanze in grado di alterare l’equilibrio ormonale, fondamentale per lo sviluppo fetale, per la corretta crescita dei bambini, per lo sviluppo sessuale e per le attività riproduttive.

Dati del rapporto ISTISAT (Istituto superiore di sanità)

Le normative

Nonostante il pericolo sia noto, sull’inquinamento domestico, dell’aria indoor, in Europa al momento ogni paese fa ancora storia a sé. “Diversi Paesi europei, in questi anni, hanno infatti attivato gruppi di lavoro con lo specifico mandato di elaborare valori guida per la qualità dell’aria negli ambienti confinati”, spiega Gianluigi de Gennaro, professore di chimica dell’ambiente dell’università degli studi di Bari Aldo Moro e responsabile Sima per la qualità dell’aria indoor. “Ad esempio la Germania, la Francia, la Gran Bretagna, l’Olanda, la Finlandia”. Per paesi come Finlandia, Belgio e Francia (ma solo parzialmente in quest’ultimo caso), le conclusioni hanno acquisito valore legale, mentre per gli altri sono state utilizzate per stilare delle raccomandazioni con cui valutare la qualità dell’aria al coperto.

“In Italia ad oggi non esiste attualmente una normativa di riferimento che riporti valori guida per inquinanti di interesse ed approcci da adottare ai fini della valutazione della qualità dell’aria – aggiunge De Gennaro – le uniche esposizioni indoor normate si riferiscono agli ambienti di lavoro con limiti di concentrazione molto alti associati principalmente a tossicità acuta”.

Di recente la Sima ha elaborato una proposta in questo senso, che punta a individuare anche in Italia dei valori per valutare la qualità dell’aria indoor, e fissare dei limiti di esposizione cautelativi ai diversi inquinanti atmosferici. “Ci siamo basati sugli studi tossicologici riportati in letteratura e sui risultati prodotti dai gruppi di lavoro europei”, spiega Miani. “A titolo di esempio, sono stati previsti per gli inquinanti organici ad accertata cancerogenicità quali benzene, formaldeide e benzo(a)pirene valori limite pari a, rispettivamente, 5 µg/m3, 50 µg/m3 e 1 ng/m3 in linea con (ed in alcuni casi più stringenti di) quelli riportati dalle linee guida e/o normative esistenti nel panorama europeo”.

La prevenzione dell’inquinamento domestico

In attesa di norme e linee guida specifiche, gli esperti consigliano alcune semplici regole per migliorare la qualità dell’aria nelle nostre abitazioni. Il suggerimento per tutti è quello di areare gli ambienti domestici, almeno 2-3 volte al giorno per periodi di cinque minuti; utilizzare l’aspiratore a ventola e aprire le finestre quando si cucina; areare sempre quando si pulisce la casa e preferire prodotti come candeggina, ammoniaca, aceto e bicarbonato (molti prodotti commerciali contengono alte percentuali di solventi organici volatili), e infine di utilizzare aspirapolvere di buona qualità, preferibilmente ad acqua e non con sacchetto.

Particolare attenzione va prestata inoltre per i soggetti più a rischio: bambini, anziani e soggetti allettati. “Per i genitori è consigliabile prestare particolare attenzione alle camere dove trascorrono più tempo i figli: areare i locali per ottenere il completo ricambio dell’aria ogni 4 – 6 ore indipendentemente dal volume dei locali, mantenere la temperatura compresa tra i 18° e i 20° e il tasso di umidità dovrebbe aggirarsi tra il 45% e il 55%”, sottolinea Miani. “Dalle analisi climatiche eseguite nelle camere da letto dove riposano i bambini è stato notato che vi sia la tendenza ad usare l’umidificatore anche quando vi sia già un tasso di umidità sufficiente per la salute del bimbo. Si consiglia a tutte le mamme prima di accendere l’umidificatore di verificare con l’uso di un economico igrometro quale sia il tasso di umidità in casa. Anziani e allettati, essendo più fragili e spesso soggetti a malattie croniche, necessitano di altrettanta attenzione e di frequenti ricambi d’aria ed adeguata ventilazione nelle stanze in cui soggiornano più spesso e più a lungo”.

La tecnologia contro l’inquinamento domestico

Buone pratiche di prevenzione a parte, oggi la tecnologia può aiutare a garantirci un’aria di qualità all’interno delle nostre case. Anche se in Italia si tratta di un’opportunità ancora poco sfruttata. “Siamo alla preistoria del controllo della qualità dell’aria negli ambienti indoor: i device sono poco diffusi, perché non c’è una cultura diffusa del problema”, spiega De Gennaro. “In assenza di un’indicazione normativa più o meno stringente, le azioni che si stanno conducendo hanno carattere dimostrativo e sono legate alla sensibilità personale. La mancanza di norme tecniche che regolamentino le metodologie di controllo dell’inquinamento domestico ha generato un mercato-giungla dei device che confonde e disorienta il cittadino e l’amministrazione sensibile”.

Anche se ancora poco diffusi, sul mercato esistono moltissimi dispositivi riconducibili fondamentalmente a due obbiettivi: monitoraggio e purificazione dell’aria. E in entrambi i casi, non sempre i device sono all’altezza delle promesse. Ma anche in questo caso è possibile dare un paio di consigli: per prima cosa, non fermatevi all’aspetto esteriore, perché l’importante non è il design del prodotto, ma la qualità dei sensori e delle tecnologie presenti all’interno. Nel caso dei sistemi di purificazione la Sima consiglia di scegliere prodotti che montano filtri Hepa in uscita, che garantiscono la maggiore efficacia di filtraggio dell’aria (a patto di eseguire regolarmente la sostituzione dei filtri come da indicazione del produttore). Discorso a parte, infine, per gli aspirapolvere: meglio quelli senza sacchetto e che dispongono di filtri ad acqua e di filtri Hepa in uscita, a meno che non ricorrano invece a un sistema L-Lamella che permette di evitare il filtro Hepa in uscita. “Noi consigliamo sempre l’acquisto di dispositivi che sono stati validati scientificamente da un ente pubblico italiano o Ue – conclude Miani – in questo modo si ha la certezza che quanto promesso in pubblicità o sul packaging abbia una reale corrispondenza con l’efficacia del prodotto nel monitorare e abbattere gli inquinanti causa di malattie e morti premature in ambienti indoor”.

via Wired.it

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