Internazionali di Roma, nella testa di un tennista

Se ad un tennista colpire una palla può sembrare la cosa più naturale del mondo (basta dare uno sguardo alle partite degli Internazionali di Tennis, questi giorni al Foro Italico) per i neuroscienziati questo semplice gesto nasconde invece un meccanismo estremamente enigmatico. La velocità di una palla da tennis supera infatti di molto quella con cui il sistema nervoso riesce a processare le informazioni visive. Come riesce dunque il tennista a colpirla? Il trucco risiede nella capacità del nostro cervello di predire la traiettoria degli oggetti in movimento, un meccanismo neurale complesso e ancora poco compreso. Oggi, per la prima volta, un gruppo di ricercatori dell’Università della California di Berkeley è riuscito a determinare il punto esatto del cervello in cui vengono calcolate queste complicate traiettorie: si tratta dell’area medio temporale della corteccia visiva, una zona nota come V5. Lo studio è apparso sulla rivista Neuron.

Il cervello impiega circa un decimo di secondo per processare l’informazione visiva: questo vuol dire che quando sarà riuscito a registrare la posizione di una palla che si muove a circa 200 chilometri orari (è questa la velocità del diritto di un campione di tennis) questa si sarà in realtà spostata già di circa cinque metri e mezzo. Per superare l’impasse, e permettere al tennista di rispedire la palla all’avversario, il nostro cervello ha sviluppato la capacità di calcolare la traiettoria degli oggetti in movimento, ed è quindi in grado di reagire ai loro spostamenti prima ancora di averli registrati.

Decisi a comprendere in che modo riusciamo a compiere queste complicate previsioni, i ricercatori di Berkeley hanno utilizzato la risonanza magnetica funzionale per osservare il cervello mentre è alle prese con degli oggetti in movimento. Nell’esperimento, sei volontari sono stati sottoposti ad un “Flash-Drag Effect”, un’illusione ottica in cui un oggetto lampeggiante sembra muoversi nella direzione in cui si muove lo sfondo (come visibile in questo video). “In questa illusione ottica, il cervello interpreta l’oggetto lampeggiante come parte dello sfondo, ed attiva quindi il meccanismo di predizione del movimento per compensare il ritardo nel processamento dell’informazione visiva”, spiega Gerrit Maus, principale autore dello studio.

I ricercatori hanno quindi mostrato ai volontari delle immagini in cui lo sfondo rimaneva fisso, mentre l’oggetto lampeggiante si spostava realmente negli stessi punti in cui appariva nel caso dell’illusione ottica. In entrambe le situazioni, le analisi di risonanza magnetica hanno mostrato il medesimo pattern di attivazione in una zona precisa del cervello, ovvero l’area medio temporale V5 della corteccia visiva. Poiché la zona viene attivata sia da uno spostamento previsto che da uno reale, i ricercatori sono sicuri di avere individuato finalmente l’area in cui avviene il calcolo delle traiettorie degli oggetti in movimento.

Oltre ad aver gettato luce sul meccanismo di funzionamento di un’importante funzione neurale, Maus ritiene che la nuova scoperta potrebbe aiutare in futuro a migliorare la diagnosi e la cura delle molte sindromi neurologiche in cui la percezione del movimento risulta danneggiata, patologie importanti, che possono rendere impossibili anche attività apparentemente banali come versarsi una tazza di caffè, o attraversare una strada.

I risultati dello studio rinforzano inoltre l’ipotesi che da un punto di vista evolutivo sia vantaggioso non vedere le cose esattamente come sono: “Le immagini che colpiscono i nostri occhi e sono poi processate dal cervello non sono esattamente sincronizzate con il mondo reale”, chiarisce Maus. “La verità è che quel che vediamo non è una rappresentazione fedele della realtà, ma è ciò di cui abbiamo bisogno per interagire con il mondo reale”.

Riferimenti: Neuron http://dx.doi.org/10.1016/j.neuron.2013.03.010

Credits immagine: italo losero [upraising]/Flickr

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here