Ipertensione, l’efficacia dei farmaci dipende dai geni

Esiste una predisposizione genetica per molte malattie, e questo è ormai noto. Meno ovvio invece è scoprire che anche la risposta ai farmaci, e quindi le possibilità di guarigione dei pazienti, poggia su basi genetiche. Uno studio dell’Università Tor Vergata di Roma e dell’Ospedale San Giovanni Calibita “Fatebenefratelli” ha analizzato ad esempio la risposta ai farmaci antiipertensivi, dimostrando che esiste un’enorme variabilità nell’efficacia delle terapie tra pazienti prevenienti da aree geografiche differenti. I risultati, pubblicati sulla rivista Pharmacogenomics, mettono in luce l’importanza di un nuovo campo di studi: la “farmacogenomica”.

“La farmacogenomica studia come la variabilità genetica tra individui influisce nella risposta ai farmaci”, spiega Renato Polimanti, ricercatore di Tor Vergata e della Yale University che ha partecipato allo studio.“Le differenze genetiche, che definiscono il colore dei capelli o la predisposizione a sviluppare alcune malattie, condizionano infatti anche la risposta ai farmaci, e possono incidere sulla loro efficacia, o su eventuali effetti collaterali”.

Nel caso dell’ipertensione arteriosa, un fattore di rischio per malattie gravi come l’infarto del miocardio e l’ictus, meno del 50% dei pazienti riesce a tenere realmente sotto controllo la pressione con le terapie oggi disponibili, e la causa probabilmente va cercata proprio nelle variazioni presenti nel Dna dei pazienti. “Esistono differenze significative nelle risposte ai farmaci antiipertensivi tra i diversi gruppi umani”, continua Polimanti. “Al momento, però, la maggior parte delle sperimentazioni farmacologiche viene fatta su soggetti europei. Le informazioni non sono ancora sufficienti per dire se ci siano popolazioni oggettivamente più svantaggiate di altre. L’obiettivo del nostro studio era proprio quello di comprendere meglio la variabilità delle popolazioni umane nella risposta ai farmaci antiipertensivi”.

La ricerca, svolta grazie alle enormi banche di dati genetici oggi disponibili, come l’Human Genome Diversity Project e il progetto 1000 Genomes, ha identificato 31 geni le cui variazioni (o polimorfismi) hanno un’influenza diretta sull’efficacia delle terapie antiipertensive, dimostrando inoltre che la presenza di queste varianti genetiche nel Dna è legata alla zona geografica di origine dei pazienti. Approfondendo queste ricerche, spiegano i ricercatori, in futuro sarà possibile arrivare a sviluppare test mirati, che analizzano il Dna per personalizzare al meglio le terapie farmacologiche.

“Questi test farmacogenetici permettono di individuare il farmaco ottimale per ciascun paziente riducendo il rischio di effetti collaterali o di scarsa efficienza farmacologica”, conclude Polimanti. “Al momento tali test esistono solo per alcuni farmaci, come ad esempio il tamoxifene per le pazienti affette da tumore al seno, la warfarina per i pazienti cardiopatici, e l’abacavir per i pazienti affetti da Hiv. Sono moltissimi i gruppi che stanno lavorando in questo campo di ricerca per realizzare test farmacogenetici sulle altre classi di farmaci”.

Riferimenti: Human pharmacogenomic variation of antihypertensive drugs: from population genetics to personalized medicine; Polimanti R1, Iorio A, Piacentini S, Manfellotto D, Fuciarelli M.; Pharmacogenomics doi: 10.2217/pgs.13.231

Credits immagine: ynse/Flickr

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