Istantanea di una sinapsi

Anche per i neuroni di un cervello adulto l’esperienza è maestra. E’ su di essa, infatti, che si modellano le loro connessioni, è grazie a essa che nascono nuove sinapsi e ne muoiono altre, rendendo la corteccia cerebrale “plastica”. La capacità del cervello di “fare tesoro” delle informazioni che giungono dall’esterno anche in età adulta è ora testimoniata da una speciale fotografia: una scansione laser a fotoni che immortala nei topi di laboratorio l’attività neuronale coinvolta nei processi di apprendimento e memorizzazione. Autori dell’immagine, apparsa su Nature, alcuni ricercatori statunitensi e svizzeri che, sebbene non siano riusciti a chiarire tutti i meccanismi cellulari e sinaptici alla base della plasticità corticale, hanno almeno individuato quali sono le strutture che negli animali sono coinvolte in questi processi. Il segreto, secondo i ricercatori, risiederebbe nelle spine dendritiche, ovvero nelle estremità ramificate di quella specie di tentacoli, i dendriti appunto, che si diramano dalla superficie del neurone in direzione opposta all’assone. Ossia quel filamento che collega tra loro le cellule nervose e che trasmette il segnale nervoso, mentre i dendriti e le loro spine sono responsabili della sua ricezione. Proprio questa “eccitazione” delle spine, è stata osservata per la prima volta in vivo, “grazie a un sofisticato microscopio a scansione laser a fotoni”, spiega Karel Svoboda, del Cold Spring Arbor Laboratory di New York, e principale autore della ricerca. “Una tecnica di imaging unica che ci ha permesso di fotografare ad alta risoluzione un tessuto così difficile da osservare, perché estremamente frazionato e per niente compatto, quale il cervello. E’ come se avessimo aperto su di esso una finestra per osservare la formazione e l’eliminazione delle sinapsi”. Grazie al potente strumento, i ricercatori sono riusciti a selezionare la zona cerebrale che riceve informazioni dai baffi dei topi e di monitorarne l’attività neuronale. E le sorprese non sono mancate: le immagini hanno mostrato che a ogni allungamento e ritrazione delle spine corrispondeva rispettivamente la nascita e l’eliminazione di connessioni nervose. Quanto alla durata della loro esistenza, essa variava grandemente: alcune spine rimanevano stabili, quasi la metà vivevano per almeno un mese, le rimanenti per pochi giorni o meno. Soprattutto, però, il loro avvicendamento aumentava in risposta a ogni nuova esperienza sensoriale che gli animali ricevevano dalla stimolazione dei loro baffi. “Per tanto tempo”, afferma Egbert Welker, dell’Istituto di biologia cellulare e di morfologia dell’università di Losanna (Svizzera), “si è pensato che la connessione tra i neuroni potesse essere modificata solo entro la fine dei periodi critici. Abbiamo invece scoperto che alterando l’attivazione della corteccia in un cervello adulto è possibile creare nuove connessioni, far sì che il cervello si adatti a nuove esperienze, quali l’apprendimento e la formazione di memoria”. Lo scopo principale di questo studio, infatti, era quello di scoprire “che cosa avviene a livello “hardware” quando un animale, anche adulto, impara qualcosa e quale meccanismo ne regola l’immagazzinamento”, sostiene Svoboda. E i risultati della ricerca, conferma Welker, “sfatano la vecchia convinzione scientifica che le sinapsi rimangono per sempre là dove nascono. Esse invece sono dinamiche, vanno e vengono. Il nostro modello sperimentale potrà quindi aiutarci a capire quali fattori stabiliscono queste ripetute comparse e scomparse, con possibili ricadute sulla comprensione dei disturbi neurodegenerativi, caratterizzati proprio dalla perdita di queste connessioni neurali”. Non si deve pensare tuttavia che la plasticità di un cervello adulto sia paragonabile a quella di uno che si sta ancora sviluppando. “Entrambe implicano la crescita di nuove sinapsi”, dice Svoboda, “ma esistono delle profonde differenze. Mentre nel cervello giovane la risposta all’esperienza si concretizza in cambiamenti di larga scala della struttura dei neuroni, in un cervello adulto questi cambiamenti strutturali sono locali, ovvero non comportano la crescita o l’eliminazione di assoni e dendriti”. Inoltre, la plasticità della corteccia adulta è reversibile, nel senso che “dopo qualche giorno di deprivazione sensoriale, una nuova stimolazione ristabilisce un certo livello di attività nei campi recettivi cerebrali corrispondenti (per esempio i baffi ricrescono). A differenza di quanto avviene nello sviluppo in cui si acquisiscono delle importanti capacità che non possono essere acquisite più tardi”. La reversibilità, però, apre la strada, conclude Svoboda, “alla progettazione di potenziali interventi che risveglino la plasticità in quei cervelli, in cui, per motivi patologici, essa risulta gravemente danneggiata”.

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