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La firma “metabolico-geografica” del vino

I sommelier più esperti sanno riconoscere molti degli aromi di un vino. Ma sapere da quale foresta proviene il legno utilizzato per fabbricare le botti di invecchiamento è chiedere troppo. Ciò che è impossibile per un palato si è rivelato semplice per un gruppo di ricerca dell’Università della Borgogna, in Francia, e dell’Helmholtz Zentrum di Monaco di Baviera.

Come spiegato da Régis D. Gougeon sulle pagine di Proceedings of the National Accademy of Sciences, il profumo e l’aroma di un vino sono il risultato di fattori ambientali, genetici e tecniche di viticoltura. Alla raccolta, gli acini d’uva hanno una determinata composizione in metaboliti (le sostanze che provengono dal metabolismo della pianta), che sarà alterata durante la fermentazione. Inoltre, i processi chimici che intervengono nelle fasi di produzione del vino possono ulteriormente modificarne la composizione, contribuendo a determinare l’aroma finale del prodotto. Fino ad oggi le tecniche di analisi del vino si sono concentrate su singole variabili, note per le loro proprietà (pensiamo, per esempio, al resveratrolo, un fenolo a effetto anti-età contenuto nella buccia degli acini dell’uva rossa). Ma per sapere cosa conferisce a un vino tutte le sue caratteristiche è necessario risalire alla molteplicità dei metaboliti che lo compongono.

Per riuscire nell’intento, i ricercatori hanno analizzato con spettrometria di massa a elevatissima risoluzione alcuni vini invecchiati in botti di rovere proveniente da nove foreste francesi. Grazie a questo innovativo approccio “olistico”, è stato possibile ricostruire il complesso mosaico di tutti i composti chimici presenti, compresi quelli rilasciati dal legno delle botti di invecchiamento. Una sorta di firma “metabolico-geografica” del vino. (m.s.)

Riferimento: PNAS published online before print May 26, 2009, doi:10.1073/pnas.0901100106

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