Categorie: Ambiente

La grande sete della Terra

Alzare il prezzo dell’acqua nei paesi ricchi, combattere l’inquinamento e il degrado ambientale, usare acqua non potabile in casa, nell’agricoltura e nell’industria, assicurare al più presto acqua potabile per tutti. Sono le conclusioni del Forum mondiale sulle acque, conclusosi lo scorso 22 marzo all’Aja cui hanno partecipato i rappresentanti di 140 paesi per trovare una soluzione al problema sete. Nel mondo, un miliardo e duecento milioni di persone non hanno ancora acqua potabile. Costretti a bere acqua bollita, raccolta da pozzanghere o da fiumi inquinati, si ammalano facilmente e ogni anno muoiono in oltre 3 milioni. In alcune parti del mondo questo è il prezzo da pagare per gli sprechi, l’inquinamento, la distruzione degli ecosistemi hanno ridotto l’acqua potabile ad appena l’1 per cento delle acque del globo.

Già oggi l’acqua potabile non basta per tutti. E ai ritmi odierni il deficit idrico sarà del 56 per cento nel 2025. La Commissione mondiale per l’acqua indica in 40 litri al giorno a persona la quantità minima per soddisfare i bisogni essenziali. Con 40 litri noi italiani facciamo una doccia, per altri rappresenta l’acqua di intere settimane. Un cittadino del nord ricco paga l’acqua potabile del rubinetto di casa molto meno di un africano, costretto spesso a percorrere chilometri a piedi per raggiungere il pozzo più vicino. Nei paesi più poveri bere è quasi un lusso: se non si è allacciati all’acquedotto, comprare acqua dai privati può costare anche 100 volte più del servizio pubblico. Mancanza di acqua da bere, quindi. Ma anche popolazione mondiale in crescita (saremo 8 miliardi nel 2025) e agricoltura a secco. Il rischio è un mondo assetato, affamato e sbandato.

Il problema mondiale dell’acqua non è solo questione di redistribuzione delle risorse o di riduzione degli sprechi. “E’ contemporaneamente un problema sociale, politico e culturale” – dice a Galileo Walter Mazzitti, delegato italiano all’Aja e Presidente della Commissione interministeriale per il Mediterraneo. “Molti paesi – aggiunge Mazzitti – non hanno compreso che l’emergenza va affrontata stimolando la collaborazione tra le nazioni che condividono i singoli bacini acquiferi. L’Italia non crede ai grandi piani imposti dall’alto né alla gestione dell’acqua come se fosse un bene privato da mettere all’asta. L’acqua deve essere ovunque un bene comune e non la miccia delle nuove guerre”. Nei prossimi anni, per ridurre gli sprechi dei paesi ricchi, il prezzo dell’acqua verrà alzato. Lasciare i rubinetti aperti vorrà dire metter mano al portafogli.

Ma i veri problemi di siccità andranno risolti nelle singole aree di crisi. A questo proposito il delegato Pietro Laureano, esperto di zone aride ed ecosistemi in pericolo, ha ricordato che “dal recupero delle usanze più antiche che legavano l’uomo alla natura si possono ricostruire i microclimi. Solo così tornerà acqua potabile a sufficienza in zone rese aride da eccessivi interventi umani o dal mancato sfruttamento di risorse esistenti, come le piogge o le acque di scolo. L’esempio delle oasi è lampante”. Tornare al passato dunque: muretti a secco, cisterne naturali, vasche per la raccolta dell’acqua piovana. Acqua non potabile ma che può essere comunque preziosa. L’agricoltura consuma il 70 per cento dell’acqua disponibile, e ne chiederà sempre di più. “Anche per lavarsi e cucinare o per i processi industriali”- spiega Laureano -”bisognerà usare due acque diverse. Le nuove abitazioni, per esempio, potrebbero adottare un sistema idrico duale : in cucina due rubinetti (di cui uno potabile) e altrove solo acqua non potabile”.

Il passo politico più importante è però la creazione di un diritto mondiale all’acqua : “Una vera e propria Carta dell’acqua potrebbe essere pronta già a fine anno: i punti principali saranno l’impossibilità per i governi di appropriarsi di risorse idriche comuni, il diritto all’acqua per tutti gli individui e prezzi più alti per chi spreca più acqua”. Indispensabile resta la diffondere la conoscenza del valore dell’acqua: “L’Italia – ricorda Mazzitti – ha presentato ai paesi partecipanti una ampia proposta per sviluppare la “cultura dell’acqua”, perché comprenderne il valore diventi parte essenziale dell’educazione dei popoli, come è oggi per molti il concetto di risparmio”. La dichiarazione finale ha pienamente accolto la proposta italiana.

Dietro il dramma della siccità c’è la distruzione degli ecosistemi. Il documento conclusivo del Forum pone il controllo e la protezione dell’ambiente naturale come priorità assoluta per il mantenimento e l’utilizzo delle risorse idriche del sottosuolo. E anche le donne hanno trovato spazio al Forum dell’Aja. Il testo finale ne promuove intensamente la tutela: in tutto il mondo milioni di loro hanno il compito, faticoso e importantissimo, di portare l’acqua da pozzi, fiumi e laghi, fino a casa.

Francesco Unali

Arriva a Galileo nel 1998 occupandosi dei temi della globalizzazione, sviluppo, inquinamento e ambiente, sicurezza e armamenti. Di questo scriverà poi anche su altre riviste specializzate. Successivamente addetto stampa della Protezione civile della Regione Lazio per cinque anni, si specializza nei temi della comunicazione in emergenza, della sicurezza e della difesa civile. Nè scienziato nè letterato per definizione ma laureato in Scienze politiche, è giornalista professionista e ha svolto per diversi anni l'attività di addetto stampa per istituzioni pubbliche ed enti privati.

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