Saccheggiano i fondali oceanici, ma restano perlopiù impunite. Sono le navi da pesca illegali contro cui Greenpeace ha lanciato ieri un’offensiva, presentando durante l’incontro della Commissione mondiale sulla pesca della Fao, tenutosi ieri a Roma, la prima lista nera mondiale. La lista scheda le imbarcazioni pirata che solcano i mari del pianeta, intorno alle quali gira un’industria fiorente, con un giro d’affari di 9 miliardi di dollari. Che ha un effetto devastante sulle riserve ittiche e sulla biodiversità di alcune delle aree ecologicamente più importanti degli oceani.
“Il fatto che Greenpeace debba pubblicare una lista nera mondiale delle navi che praticano pesca illegale dimostra chiaramente che i governi non fanno nulla per fermare il saccheggio dei nostri oceani”, ha afferma Alessandro Giannì, responsabile della campagna Mare di Greenpeace. “Quello che serve ora è un organismo che renda accessibili le informazioni sulle navi da pesca illegali”. Sei anni dopo l’approvazione da parte dei paesi membri della Fao di un Piano di azione internazionale per contrastare la pesca illegale, il problema è ben lontano dall’essere risolto.
Greenpeace ha presentato anche un rapporto che mostra come le misure adottate dai governi per limitare la pesca pirata abbiano avuto un impatto limitato in alcune delle aree più povere del mondo, in particolare la costa occidentale dell’Africa. Si stima che l’Africa subsahariana perda per questo motivo circa un miliardo di dollari all’anno Per esempio, lo scorso anno la nave di Greenpeace “Esperanza” documentò per due mesi le attività delle flotte straniere di fronte alle coste della Guinea Conakry. Si scoprì che quasi la metà delle 92 navi da pesca incontrate stava pescando illegalmente o era legata a attività di pesca illegale.
“Le misure necessarie per contrastare la pesca pirata sono note. C’è bisogno di agire a tutti i livelli della filiera, dalla rete in acqua agli scaffali dei supermercati”, conclude Giannì. La richiesta rivolta ai governi è mettere in atto leggi vincolanti sul controllo nei porti, un registro mondiale delle navi da pesca e prevedere adeguate sanzioni ai trasgressori. (da.c.)