La lunga caccia ai geni

Kevin Davies
Il codice della vita
Mondadori, 2001
pp. 381, £ 34.000

Scritto da uno dei fondatori della rivista britannica Nature Genetics, questo libro si presenta come una delle fonti più autorevoli per fare un primo punto della situazione sulla storia della ricerca sul genoma. Il 26 giugno del 2000 si è chiuso infatti il primo episodio di questa caccia ai geni costosa e affascinante. Accanto al Presidente degli Stati uniti Bill Clinton, Francis Collins, presidente del consorzio di ricerca pubblico Human Genome Project, e Craig Venter, fondatore della società americana Celera Genomics, annunciarono il sequenziamento quasi completo del genoma umano. Il lavoro fu reso noto in ambito scientifico anche con la pubblicazione in contemporanea sulle riviste Nature e Science.

‘Il codice della vita’ ripercorre le tappe che hanno portato a questo straordinario risultato. Dalla scoperta della struttura ‘a doppia elica’ del Dna per opera di Watson e Crick (1953), fino ai giorni nostri attraverso citazioni sempre puntuali dalla letteratura scientifica più recente. Lo stile semplice e giornalistico di Davies rende accessibili argomenti così complessi anche a un pubblico non specializzato. Oltre alla storia della ricerca vera e propria, il libro espone di volta in volta anche le controversie e i possibili rischi sollevati dalla genetica più recente. Proprio la parte critica del libro è però quella più debole. A volte l’entusiasmo controllato di Davies sembra tralasciare le critiche, i nodi irrisolti o i punti di vista meno accondiscendenti che hanno accompagnato il progetto genoma fin dalla sua nascita.

La lunga caccia ai geni è infatti costellata di risvolti ancora da chiarire: la biologia molecolare che cerca di accreditarsi a tutti gli effetti come una ‘big science’ attraverso costosi progetti internazionali (il solo consorzio pubblico ha ricevuto finanziamenti per 3 miliardi di dollari), la lotta tra le grandi case farmaceutiche per ottenere diritti esclusivi sui risultati delle ricerche di brillanti start-up biotech californiane, il cozzare dello stile della ricerca pubblica – burocratico ma fondamentalmente collaborativo – con quello della ricerca privata – rapido ma basato su obiettivi economici -, le numerose e urgenti questioni di bioetica, i rischi della cosiddetta bio-pirateria a danno di piccole popolazioni isolate, il ruolo nuovo dell’informatica nelle tecniche di sequenziamento, e, infine, la questione più importante di tutte: di chi è il genoma?

Il libro di Davies, pur affrontando questi problemi, non prende posizione in modo esplicito, lasciando aperta la risposta a questa e alle altre domande. Il risultato scientifico raggiunto fino adesso nel sequenziamento del Dna umano deve infatti ancora essere valutato in pieno. E quel che è certo, è che l’enormità degli interessi e della posta in gioco obbligano l’opinione pubblica a cercare un’informazione completa e disinteressata. Il ‘codice della vita’ è sicuramente un primo passo: ben scritto, ben documentato, necessario ma non sufficiente.

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