La mente tra sensualità e intelletto

Paolo Crocchiolo
Il Tocco della Vita. La mente tra sensualità e intelletto
Stampa Alternativa, 2005
pp.156, euro 10,00

“Se pò fa’? Ce vole ‘na miliardata de anni, ma se pò fa’….”. È in questa frase dialettale che si racchiude il nocciolo di questo libricino, una raccolta di storielle a sfondo scientifico e perlopiù evoluzionistico, bizzarre quanto basta per non risultare pedanti o noiose, accurate quanto basta per non far storcere il naso ai puristi della divulgazione scientifica. Dimenticate Piero Angela e famiglia, e addentratevi in un mondo in cui gli dei dell’Olimpo – curiosamente simili a divi del cinema o dotati di accenti regionali piuttosto marcati – discutono della base genetica dell’omosessualità o di ambienti prebiotici. Oppure ascoltate Darwin, Marx, Freud e Epicuro discutere di dolore, piacere e politica, in un quartetto anacronistico ma certamente indovinato. Il discorso di fondo, sviluppato in modo peculiare, è l’intreccio profondo di natura e cultura. Una connessione impossibile da eliminare, pena la perdita di una delle facce della medaglia dell’evoluzione della specie umana. Chi crede infatti che i geni siano gli onnipotenti dominatori dei processi biologici, non ha fatto i conti con gli ambienti che selezionano i geni. Ambienti non solo “naturali”, come le zone malariche o infestate da altri parassiti, ma anche ambienti sociali creati dagli umani. La transizione da cacciatori/raccoglitori a allevatori/coltivatori, favorita da una serie di condizioni ecologiche, è stata per esempio fondamentale per definire alcune caratteristiche genetiche che a loro volta hanno influenzato la cultura. Da una tale visione discende anche un’idea che si può definire relativismo evolutivo: ciò che è darwinianamente positivo in un ambiente si può rivelare negativo in una situazione diversa. Viene immediatamente alla mente il caso di alcune mutazioni genetiche che costituiscono un vantaggio adattativo in presenza di malaria endemica, come la talassemia, ma che sono deleterie in ecosistemi in cui la malaria non è più rilevante. Tale approccio è però valido anche in altri contesti: il Marx delle pagine di Crocchiolo applica il ragionamento all’aggressività “che per milioni di anni ha favorito gli ominidi che ne erano dotati” nella caccia e nella difesa della propria tribù. Queste tendenze violente però “sono divenute pretesto di razzismo, prepotenza e discriminazione di ogni tipo che fanno leva su istinti primordiali non più utili, né tanto meno giustificabili, in un contesto sociale radicalmente mutato”. Dunque – ed è Epicuro a tirare le conseguenze logiche da tali premesse – anche l’etica non può essere universale, ma va storicizzata.Il rimando tra natura e cultura è quindi continuo, un gioco di specchi che si evolve nella scala temporale, immensa, della storia della vita. L’abilità di Crocchiolo, aldilà delle inevitabili semplificazioni, è proprio quella di tenere insieme questi aspetti e di mostrare come a ogni livello – dalla prima apparizione di una mente cosciente fino alla moderna società globalizzata – i due poli siano inscindibili. Il risultato è quindi quello di un universo che non ha un fine, un senso teleologicamente determinato, ma che acquista significato solo in quanto storia di lunga durata: imprevedibile nei suoi sviluppi futuri, ma intelligibile a posteriori. Nelle parole del narratore, “ce vole ‘na miliardata de anni, ma se pò fa’…”

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