La nemesi dell’uranio impoverito

Le armi contenenti uranio impoverito tornano ad uccidere. La denuncia arriva da Falco Accame, presidente dell’Associazione dei Familiari delle Vittime delle Forze Armate. Secondo Accame, l’utilizzo da parte della Nato di queste armi non convenzionali è la causa dei tre decessi per leucemia registrati dal 1999 ad oggi tra i militari italiani impiegati in Bosnia.

L’utilizzo di armi contenenti uranio impoverito durante l’intervento alleato in territorio bosniaco è stato confermato anche dal Ministro della Difesa, Sergio Mattarella. Gli armamenti in causa sono stati utilizzati anche durante altre operazioni belliche dei contingenti Nato, compresa l’ultima missione in Kosovo. Il problema riguarda anche i civili che risiedono in centri abitati che sono stati teatro dei combattimenti, o vicini a depositi e poligoni militari Nato. Come quelli presenti in Sardegna a La Quirra, Capo Teulada, Capo Frasca-Decimomannu dove gli abitanti a rischio continuano a chiedere “una indagine ambientale che ha lo scopo di valutare l’eventuale livello di contaminazione dell’aria, del terreno e delle acque”.

Le armi contenenti uranio impoverito hanno esordito durante la guerra contro l’Iraq e le particelle nocive che liberano durante l’esplosione sono in cima alla lista delle sostanze sospettate di causare la Sindrome del Golfo. (g.s.)

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