La radiazione termica terrestre come energia?

Non solo vento, acqua e sole. Secondo un gruppo di ricercatori dell’Università di Harvard, tra cui l’italiano Federico Capasso, in futuro potremmo essere in grado di ricavare energia rinnovabile anche dal calore dell’atmosfera. O meglio, dalla radiazione termica emessa continuamente dalla superficie della Terra. Il loro studio, pubblicato su Pnas, potrebbe portare così allo sfruttamento di una fonte di energia finora trascurata.

Il nostro pianeta infatti, come tutti i corpi con temperatura superiore allo zero assoluto, emette continuamente nell’atmosfera un’enorme quantità di radiazioni termiche infrarosse. In pratica, si tratta di un flusso di calore che va dalla calda superficie terrestre al freddo Spazio aperto e che, a livello puramente teorico, potrebbe soddisfare il fabbisogno energetico del pianeta. Ma si potrebbe sfruttare davvero questo tipo di energia? Steven Byrnes e i suoi colleghi di Harvard pensano di sì e propongono la costruzione di un dispositivo noto come raccoglitore di energia emissiva (EEH, emissive energy harvester) in grado di trasformare la radiazione termica terrestre in elettricità.

I ricercatori hanno provato a immaginare due ipotetici modelli di EEH, basati su diverse tecnologie. Il primo è un EEH con un motore termico, in grado di ottenere energia facendo passare il calore ambientale a livello del terreno attraverso una placca più fredda. Quest’ultima è mantenuta a bassa temperatura tramite raffreddamento radiativo, cioè la naturale perdita di calore in seguito all’emissione di radiazioni. Questo approccio, seppur relativamente semplice, risente di diverse limitazioni tecniche, una su tutte la difficoltà di garantire l’isolamento e il raffreddamento del dispositivo.

Una seconda e più promettente ipotesi è quella di utilizzare una rectenna, cioè un’antenna in grado di convertire direttamente le radiazioni elettromagnetiche in corrente elettrica. Uno strumento del genere sarebbe in grado di ricavare energia dalla differenza di temperatura tra le componenti elettroniche, con un funzionamento paragonabile a quello di una cella fotovoltaica. La tecnologia attuale è però ancora acerba e al momento un EEH basato sulla rectenna non riuscirebbe a produrre quantità apprezzabili di elettricità.

La strada verso la costruzione di un prototipo è quindi ancora lunga. Il primo passo sarà quello di abbattere le limitazioni tecniche in modo da poter realizzare un dispositivo efficiente e dai costi contenuti. “Ci sono diverse sfide scientifiche e tecnologiche che dobbiamo superare”, afferma Byrnes: “Noi e altri scienziati stiamo lavorando su queste, una per una”.

Gli scienziati sperano che in futuro l’EEH possa avere un ruolo nel panorama delle energie rinnovabili, andando ad affiancare le tecnologie già esistenti. “Dato che può essere trasparente alla luce del Sole visibile e nel vicino infrarosso, il dispositivo potrebbe essere installato sopra un pannello solare, permettendo la generazione ulteriore energia anche nelle ore notturne e senza ulteriori costi di installazione”, suggerisce Byrnes. “Ciò che più conta però”, conclude il ricercatore, “è che in campo energetico non esiste una tecnologia migliore di un’altra, diverse situazioni necessitano diverse soluzioni. Questo è il motivo per cui abbiamo bisogno di sviluppare un portafoglio di differenti tecnologie energetiche”.

Riferimenti: Pnas doi: 10.1073/pnas.1402036111

Credits immagine: stewartbaird/Flickr

1 commento

  1. Nell’articolo non viene dato alcun numero, a la cosa mi pare un po’ sospetta.
    Viene da pensare che si tratti di una modalità di cattura dell’energia teoricamente possibile, ma probabilmente non conveniente.
    Paragonata all’energia che arriva dal sole, e che ancora sfruttiamo in misura minimale, sembra trattarsi di una fonte assolutamente residuale, di scarso o nullo interesse economico.

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