Categorie: Salute

La ricerca biomedica in Italia: un’occasione sprecata

Daniela Minerva, Silvio Monfardini
Il bagnino e i samurai
Codice edizioni 2013, pp. 288, 16,90 euro

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Sono diversi gli stati d’animo che suscita il libro scritto a quattro mani da Daniela Minerva e Silvio Monfardini: rabbia, stupore, incredulità, speranza, combattività. Devono essere gli stessi che hanno abitato anche gli autori, quando in questi anni si sono trovati a vivere le vicende raccontate nel libro: Minerva da giornalista, Monfardini da oncologo. I fatti sono quelli che hanno portato la ricerca biomedica italiana a perdere la sfida con il mercato, a non sapersi straformare in Big Pharma, a non giocare più un ruolo primario, come invece faceva negli anni Settanta, sulla scena internazionale.

La storia dell’occasione mancata, come recita il sottotitolo del libro, inizia alla fine degli anni Sessanta, quando all’Istituto Tumori di Milano si inizia a formare intorno a Gianni Bonadonna un gruppo di ricercatori  – i samurai, tra cui Monfardini – che a colpi di intuizione e caparbietà darà vita a quella che oggi chiamiamo oncologia medica. Infatti, fino ad allora, i medici erano convinti che il cancro si curasse solo con la chirurgia e la radioterapia. Come se si trattasse di una malattia che colpisce un solo organo, una sola parte dell’organismo e non il corpo nella sua interezza, come invece oggi sappiamo che fa. Se era così, i farmaci non servivano, o al più servivano poco.

In quegli anni, però, a pochi chilometri dall’Istituto, nei laboratori di Farmitalia, si scopriva un antibiotico antitumorale, l’adriamicina. Dall’incontro fra Bonadonna e i suoi samurai e i ricercatori dell’azienda farmaceutica nasce l’idea di provare sui pazienti quella nuova sostanza per capire se e come agisse. Oggi può sembrare ovvio: portare al letto del paziente l’innovazione di laboratorio. Nel 1973, quando la prima sperimentazione ebbe inizio, era una sfida al pensiero medico corrente. I risultati di quel primo studio sono considerati una delle basi su cui è nata l’oncologia medica a livello mondiale.

Una bella soddisfazione per i samurai. Una risorsa sprecata dall’insipienza congiunta di industria e politica italiane, incapaci di valorizzare a partire da quel primo episodio, e in tutti gli anni a venire, il patrimonio della ricerca biomedica italiana. Fino ad arrivare al bagnino, il personaggio scelto dagli autori per rappresentare l’atteggiamento italiano nei confronti della ricerca. È Carlo Sama, amministratore delegato di Montedison, l’azienda nata dalla fusione di diverse realtà, compresa Farmitalia, che nel 1993 va in Svezia a firmare la resa della farmaceutica italiana: la vendita di Farmitalia Carlo Erba e Erbamont. Come si sia passati dalla gloria di quel primo studio alla polvere di questa operazione finanziaria lo si capisce leggendo le pagine fitte di dettagli storici e ritratti di personaggi in chiaro scuro.

Il libro appassiona: il finale lo si apprende subito, fin dalle prime pagine. Così come il prologo. Ed è per questo che si ha voglia di capire come sia stato possibile gettare tutto alle ortiche. Il sentimento di speranza e di combattività viene dagli ultimi capitoli del libro dove trovano spazio le proposte per una riforma del sistema della ricerca biomedica italiana. Alcuni treni sono stati persi per sempre, ma altri potrebbero ancora essere presi al volo, se solo la politica e in generale l’opinione pubblica pensassero la ricerca come un asset fondamentale di sviluppo. Si potrebbe fare, magari facendo leva sulla qualità di alcuni gruppi di ricerca, che in questi anni hanno tenuto alto il nome della ricerca made in Italy. Insomma, rimettendo al centro del discorso gli odierni samurai.

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