La tenebra violata

Da sempre la musica ha occupato un posto di grande importanza nelle culture di tutte le latitudini, e nell’antichità le furono attribuiti poteri particolari, persino magici.Subito messa in relazione con i Grandi Sistemi venne spesso correlata alle pratiche religiose, all’astronomia e alle teorie cosmogoniche. Comunque, almeno fino al1200, fu considerata soprattutto Scientia matematica acquisendo poi, al volgere del Medioevo, la connotazione a noi più familiare di Ars.
Questa rubrica intende ripercorrere le principali tappe del cammino della musica soffermandosi laddove è stato più evidente e importante il legame con l’aspetto speculativo-scientifico. Dalle sperimentazioni di Pitagora alle alchimie musicali dei Maestri fiamminghi, passando per il Barocco e per le geniali macchine musicali di Kircher, fino all’avvento della computer music e alla Musica delle Stelle di Stockhausen, cioè al recupero, nella nostra epoca, di una concezione razionalistica della dimensione sonora.

L’invenzione della scrittura musicale, i cui primi esempi vengono di solito datati intorno all’ VIII-IX secolo d.C., rivoluzionò, oltre che le secolari consuetudini per tramandare i canti e le melodie, la concezione stessa della composizione musicale.
Prima del fatidico millennio le melodie venivano trasmesse oralmente, subendo le inevitabili trasformazioni e contaminazioni che l’approssimazione del metodo concedeva in un estenuante sforzo di memorizzazione (dieci anni non erano sufficienti per apprenderne la tecnica, secondo le testimonianze dei contemporanei) e della trasmissione del repertorio da un cantore all’altro, da una generazione all’altra.
Nei primi documenti musicali scritti la notazione indica generalmente le sfumature dinamiche ed espressive e molto raramente, nel primo periodo, l’altezza dei suoni. Mai, almeno fino al XIII secolo, i segni musicali individuano la durata delle note.
Quando tra la fine del XII e l’inizio del XIII secolo i musicisti attivi presso la chiesa di Notre-Dame a Parigi cominciarono a realizzare strutture polifoniche di dimensioni e complessità mai sino allora raggiunte dall’arte musicale, si rese necessario introdurre nella pratica e nella teoria della musica un elemento mai prima considerato: un sistema che, attraverso la misurazione precisa della durata relativa dei suoni, permettesse di governare il contemporaneo fluire nel tempo delle diverse voci.
Come scrive il trattatista Lamberto, mentre prima la musica aveva regolato solo la mensura localis, la misura dello spazio cioè l’altezza delle note, ora deve regolare anche la mensura temporalis, la misura del tempo cioè la durata delle note.
Sino ad allora il fare musica era stato considerato un’attività puramente istintiva, priva di dignità intellettuale, rilevante esclusivamente sul piano del semplice divertimento o su quello del servizio religioso. E’ ovvio che, costituendosi in sistema di scrittura, la polifonia misurata limitasse automaticamente la sua piena comprensione e il suo uso ai soli possessori di questo sistema. Da tale punto di vista dunque il nuovo tipo di musica tende ad organizzarsi sul modello della manifestazione culturale di maggior prestigio: la letteratura. D’ora in poi anche la composizione musicale, entrando nella cultura ufficiale andrà a stare nei libri, e si costituirà una tradizione attraverso i libri.
Nel corso del XIII secolo apparvero anche diversi trattati riguardanti la composizione della polifonia misurata. Per quanto informativi sulla combinazione delle voci, sui modi e ordini, sulla scrittura della musica mensurabilis, essi risultano però piuttosto reticenti circa i veri e propri procedimenti di composizione.
Ciò è probabilmente dovuto al fatto che la polifonia misurata assunse dalla letteratura anche l’ideale di una produzione intenzionalmente difficile e destinata ad una ristretta cerchia di intenditori. Di qui una certa riluttanza a comunicare i segreti del mestiere. L’ Anonimo di St. Emmeran raccomanda di custodire gelosamente “nell”armadiolo del cuore le regole della composizione, perché ciò che da pochi è conosciuto e onorevolmente riservato perde valore se è divulgato”, formulando, anche terminologicamente, un programma di “musica riservata” che avrà lunga vita nella storia della polifonia misurata sino al XVI secolo.
Sono stati i recenti studi musicologici a squarciare il buio di diffidenza e di oblio che avvolge tutta la produzione musicale medioevale rivelando, tra le note austere di Messe e Mottetti, brulicanti trame di sofisticate relazioni di straordinaria complessità ed interesse, assolutamente impensabili in composizioni di quasi mille anni fa.
Per comprendere la portata di questa modernità di concezione è importante tenere presente che la musica antica è indipendente da ogni “affetto” e da ogni implicazione soggettiva ed emotiva. L’attenzione del compositore è rivolta, nell’elaborazione della forma, alle simmetrie e alle proporzioni del testo (che in questa epoca sempre accompagnano la musica) piuttosto che al suo significato o alla creazione di macrostrutture numeriche o astratte che comunque spesso derivano da parole-chiave del testo stesso.
Più l’occasione cui la composizione è destinata è importante e fastosa, più il compositore cerca di realizzare un prodotto tecnicamente complesso e raffinato, “oggetto più della vista che dell’udito”, confermando che la stesura per iscrittoè un aspetto ormai irrinunciabile della composizione musicale. Solo sulla pagina il compositore è in grado di calcolare l’esattezza delle corrispondenze, a sua volta solo il lettore della pagina può apprezzare adeguatamente l’abilità della realizzazione.
D’altra parte, il gusto per la citazione nascosta, per il gioco intellettuale e a volte quasi enigmistico è presente anche nei testi letterari della stessa epoca: “ma non s’andrà per questa donn’ altera” o ” A le’ s’andrà lo spirito e l’alma mia” sono tecnicamente dei Senhal cioè dei versi in cui, tra le parole,è dissimulato il nome della donna amata destinataria della poesia. Ma non mancano acronimi, palindromi, versi retrogrades e altri singolari procedimenti che vennero adottati anche dai compositori (spesso autori essi stessi della parte letteraria e comunque innanzi tutto letterati prima che musicisti) sottolineando il carattere aristocratico che la produzione musicale veniva assumendo.
Svariati furono i procedimenti tecnici utilizzati per la realizzazione della struttura formale delle composizioni in parte ancora oggi oscuri e oggetto di studio da parte dei musicologi.
La creazione di due moduli fissi, ritmico e melodico, di lunghezza diversa che venivano ripetuti per l’intera composizione ma sfalsati in modo tale da non ripresentare mai la stessa combinazione verticale dei suoni, è il principio strutturale maggiormente adoperato e già segnalato dagli studiosi dell’epoca.
Ma le più importanti scoperte riguardano l’analisi dal punto di vista proporzionale e numerologico. L’individuazione delle sezioni auree all’interno delle parti di una Messa o di altra composizione scomponibile rispetto alla ripetizione di elementi o alla presenza di segnali inequivocabili, ha rivelato corrispondenze precise con parole importanti del testo o con situazioni musicalmente rilevanti o risolutorie.
Le suddivisioni formali seguono sempre principi sorprendentemente esatti di proporzioni matematiche ma non mancano esempi piu originali: nella Messa detta “Di Dadi” di Josquin Depres la melodia liturgica che attraversa tutta la composizione, aumenta gradualmente i valori ritmici applicando successivamente varie proporzioni indicate da segni simili alle facce di un dado mentre il mottetto “Nuper rosarum flores” di Dufay composto per la consacrazione del Duomo di Firenze sarebbe costruito utilizzando le stesse simmetrie architettoniche della cupola del Brunelleschi.
Ma è nelle rilevazioni numerico-gematriche che si assiste al dispiegamento di tutte le risorse tecniche dei maestri antichi: Il paziente e attento computo delle note di alcune composizioni, sezione per sezione, dimostra ancora una volta che nel medioevo fu fortissima la tendenza alla creazione di relazioni e strutture occulte che gremivano letteralmente la pagina musicale così da stabilire diversi livelli di lettura e instaurare una sorta di codice o metalinguaggio la cui decodificazione appartiene solo agli iniziati.
Quasi sempre collegate al rito liturgico o comunque alla sfera mistico-religiosa tali opere possono considerarsi veri e propri monumenti della fede e della esaltazione divina.
Nella Messa “L’homme armé super voces musicales” di Josquin Despres la ricorrenza dei numeri 6 e 8 (in gematria rispettivamente corrispondenti all’Uomo e a Cristo ) è frequentissima; il numero 48, che è il prodotto dei due numeri, inteso come somma di 9+13+17+9 equivale ad INRI; compaiono anche i nomi di Dio, Giovanni Battista, dello Spirito Santo e della Vergine Maria e perfino un omaggio al maestro di Josquin, Ockeghem. La prima miniatura che accompagna il manoscritto originale rappresenta un uomo con un’armatura ai piedi, l’ultima un soldato armato.
Il significato allegorico della Messa è puntualmente riaffermato nelle note della composizione: nel Credo compaiono l’ Homme armé, l’ homo armatus e il miles.
Fu solo dopo il rinvenimento dell’antico trattato Institutio Oratoria di Marco Fabio Quintiliano che i musicisti scoprirono una maniera nuova di intendere la musica e abbandonate le speculazione intellettuali chiusero il sipario sul Medioevo riconsegnando l’arte dei suoni agli uomini.

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