La vita iniziò nello spazio

John GribbinPolvere di stelleGarzanti, 2002pp. 259, euro 16,50I semi della vita si sono formati nello spazio. Quindi sono stati trasportati sulla Terra dalle comete che hanno urtato il nostro pianeta. È questa l’ipotesi presentata da John Gribbin nel suo libro, che si basa su alcuni recentissimi avanzamenti della chimica interstellare e osservazioni di sistemi planetari in formazione. In questa ottica, l’Universo appare come “una sorta di gigantesco magazzino contenente i pezzi di ricambio della vita”, per usare l’espressione di Jim Lovelock (l’autore del celeberrimo “Gaia”). Dunque è naturale aspettarsi la presenza di altre forme di vita disseminate su altri pianeti come il nostro. Ma più che dimostrare l’esistenza della vita extraterrestre, questa teoria risolve un vecchio problema di quella terrestre: l’età della Terra sarebbe troppo breve perché l’evoluzione di tanti diversi organismi viventi sia stata ospitata dal pianeta. La questione non si pone se si ammette che una parte dell’evoluzione si sia svolta nelle nubi interstellari.Questa ipotesi, nota come “panspermia” (dal greco “pan”=tutto e “sperma”=seme), ha origini antiche e padri autorevoli. Il primo a proporla fu Kelvin, probabilmente riflettendo in analogia con un problema che in quegli stessi anni si era posto Charles Darwin: come la vita potesse comparire ed evolversi su isole remote. Fra gli altri la riproposero scienziati del calibro di Arrhenius, Sagan, e Crick. Ma è solo negli anni Novanta che l’idea ha preso consistenza scientifica, in seguito all’osservazione di amminoacidi e di purine e pirimidine (costituenti del Dna) nelle nubi interstellari. Queste sostanze non furono certo generate dal Big Bang. Infatti, questo produsse quasi esclusivamente idrogeno ed elio (gli atomi più piccoli). Ma nelle stelle avvengono processi che generano continuamente atomi più grandi a partire da questi, con un processo chiamato “nucleosintesi”. Così si formano – fra gli altri – carbonio, ossigeno e azoto, costituenti fondamentali delle molecole biologiche. L’esplosione delle supernovae dissemina questi atomi nello spazio. L’energia fornita dai raggi ultravioletti favorisce la formazione di molecole complesse che, imprigionate nel ghiaccio delle comete, vengono scagliate su pianeti come la Terra.Lo scenario è senz’altro affascinante. Peccato che Gribbin ne parli effettivamente solo nel primo e nell’ultimo capitolo. Infatti nei sette capitoli intermedi viene aperta una lunghissima parentesi che rappresenta, di fatto, un compendio di storia dell’astrofisica (con cenni di biologia). Sicuramente la fisica quantistica e la relatività, la teoria del Big Bang e la scoperta delle supernovae sono delle premesse ineliminabili per capire l’argomento in discussione, ma la loro esposizione “per cenni” prende il sopravvento nel libro e ne occupa la maggior parte. Pur andando “fuori tema”, Gribbin esibisce un notevole talento da divulgatore, animato da una convinzione: che è possibile spiegare le conclusioni della fisica “con parole e immagini, senza usare equazioni”. A questa affermazione si potrebbe forse contrapporre quella di Feynman, che diceva che la matematica non è solo un linguaggio, traducibile senza perdere nulla in quello verbale, ma “linguaggio più ragionamento”. In ogni caso, questa come altre prese di posizione rivelano in Gribbin una grande consapevolezza del suo ruolo di comunicatore scientifico. E anche una sorta di pragmatica filosofia della scienza. O meglio una saggezza basata sull’esperienza della ricerca che lo porta, per esempio, a sottolineare frequentemente la connessione fra il progresso della conoscenza e quello dei mezzi materiali che la supportano, ovvero della tecnologia. Effettivamente è fondamentale il ruolo svolto in questa storia dalle evoluzioni della tecnologia dei telescopi e della spettroscopia. Merita un’attenta lettura l’appendice del libro: qui viene illustrata un’analogia fra l’evoluzione dell’universo e quella degli organismi. Questa spiegherebbe perché le costanti fisiche e le forze della natura sembrino tutte “finemente sintonizzate” per essere compatibili con la vita.

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