L’amplificatore dei profumi

Evanescenti, impalpabili, eppure così vivi, gli odori hanno un potere che sbaraglia gli altri stimoli sensoriali. Poche cose sono in grado di evocare ricordi e richiamare alla mente persone, scene, attimi di vita, in modo così vivido e immediato come un profumo. Ma dove nasce la forza dell’olfatto? “A lungo è rimasto il più sconosciuto e enigmatico dei nostri sensi”, ammette Anna Menini, docente di neurobiologia della Scuola internazionale di studi superiori avanzati (Sissa) di Trieste, che ha appena pubblicato uno studio sui Proceedings of the National Academy of Sciences (Pnas) per la scoperta di un elemento chiave di quel complesso processo che inizia nel naso e termina nelle aree cerebrali delle emozioni e delle memoria. A regolare uno dei primi, fondamentali passaggi della trasmissione del segnale olfattivo è una proteina, chiamata bestrofina: un amplificatore naturale che potenzia gli stimoli odorosi.

I ricercatori gli davano la caccia da tempo. Erano praticamente certi che dovesse esistere una molecola sui neuroni olfattivi che consentisse il passaggio di ioni, agendo da amplificatore della risposta elettrica allo stimolo odoroso: “Nel naso ci sono migliaia di recettori specifici che permettono di distinguere oltre 10 mila molecole diverse. Nell’interazione fra i recettori e le sostanze volatili, si genera un segnale chimico che viene poi trasformato in impulsi elettrici, il linguaggio del sistema nervoso. Il complesso meccanismo di trasduzione permette la trasmissione del segnale ai centri cerebrali dove l’informazione è elaborata”, spiega Menini. La bestrofina dà il via a questa cascata di reazioni che culmina con la percezione olfattiva.

“Il nostro obiettivo era identificare il responsabile dell’amplificazione, e come in un film giallo abbiamo analizzato ogni indizio, anche proveniente da famiglie di geni che apparentemente non avevano nulla a che fare con l’olfatto. Ed è così che siamo arrivati alla bestrofina, una proteina conosciuta perché il suo malfunzionamento causa una malattia degenerativa della retina”. La bestrofina, insomma, fino a ieri era una molecola di cui si ignorava persino l’esistenza nel sistema olfattivo. C’è un collegamento tra le funzioni svolte dalla bestrofina nella vista e nell’olfatto? “Siamo ancora a livello di ricerca di base, ma è possibile che un cattivo funzionamento nell’amplificazione della risposta elettrica riduca la sensibilità olfattiva. Eventuali terapie geniche potrebbero in futuro ristabilire la normale sensibilità, inserendo la proteina che funziona correttamente”, specula la ricercatrice.

L’interesse dello studio non finisce qui: aver identificato la bestrofina potrebbe accelerare la costruzione di un naso artificiale, un rilevatore di odori capace di ricalcare i meccanismi biologici dell’olfatto, che finora restano imbattibili. Per questo il progetto ha ricevuto il sostegno dell’Istituto italiano di tecnologia. Ma c’è ancora tanto da scoprire sull’olfatto, dice Menini: “Sono moltissime le domande a cui dobbiamo ancora rispondere, prima di arrivare a comprendere questo senso, il suo impatto sulle emozioni e, in ultimo, il funzionamento del cervello”.

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