Categorie: Società

L’arte di raccontare la chimica

Il bravo Pietro De Angelis (1973), studioso di teorie e tecniche delle narrazione nonché autore di un manuale di scrittura creativa, ha scritto che “Narrare significa raccontare un mondo attraverso una storia”. Anche secondo me è proprio questa la differenza fra raccontare e narrare, soprattutto se ripenso alle storie che mi raccontavano da bambino. Ma che differenza c’è tra raccontare una favola e raccontare la chimica? Da un punto di vista tecnico, vorrei dire nessuna.

La differenza infatti sta nel fatto che raccontare la chimica vuol dire raccontare una “storia” vera. Una storia fatta di donne e uomini come noi, non di maghi, fate, streghe, principesse o animali parlanti. Una storia di fatiche e di sudore, di rinunce e sacrifici. Vuol dire raccontare la storia delle idee e anche quella di formule che sono belle ed eleganti al punto da far concorrenza alla opere d’arte. Raccontare la chimica evocando oggetti, laboratori, colori, odori e sapori, è invece narrare. Chi narra la chimica, perciò, evoca un mondo che non ha nulla di fantastico ma forse per questo è più bello di una favola.

Chi riesce a narrare bene la chimica? Colui che è un po’ scienziato e un po’ scrittore. Il grande Robert Musil ha scritto: “Un uomo che vuole la verità, diventa scienziato; un uomo che vuol lasciare libero gioco alla sua soggettività diventa magari scrittore; ma che cosa deve fare un uomo che vuole qualcosa di intermedio fra i due?” La risposta a questa domanda l’avremo forse domani, mercoledì 12 marzo, nel corso del seminario “L’arte di narrare la chimica e il resto”, che si terrà presso il Dipartimento di Chimica Industriale “Toso Montanari” in Viale del Risorgimento 4, a Bologna. I relatori saranno infatti Gianni Fochi (chimico e divulgatore), Marco Malvaldi (chimico e scrittore) e Marco Ciardi (storico della scienza), e di narrazione se ne intendono di certo.

Se ogni tanto fate un salto in libreria li conoscete già. Anzi, uno di loro, Malvaldi, lo trovate anche in edicola. Messo da parte il mestiere di chimico, ha provato infatti a scrivere e gli è andata meglio che nella carriera universitaria, notoriamente simile al gioco del lotto. Dopo “La briscola in cinque” (2007), Malvaldi ha perseverato con “Il gioco delle tre carte” (2008) e con “Il re dei giochi” (2010), che insieme all’ultimo “La carta più alta” (2012) costituiscono la cosiddetta “trilogia del BarLume”, apparsa per l’editore Sellerio.

Ciardi, invece, ce l’ha fatta in Università. Insegna Storia della scienza e della tecnica a Bologna e il suo settore di indagine concerne principalmente la storia del pensiero scientifico moderno e contemporaneo. Ha scritto molto, inclusa la storia del mito di Atlantide, e il suo ultimo libro, “Terra. Storia di un’idea” è entrato nella cinquina finalista del Premio Galileo 2014 per la divulgazione scientifica.

Che dire infine di Fochi, se non che, forse, è tra i migliori divulgatori della chimica? Ha fatto ricerca chimica accademica e industriale, insegnato alla Normale di Pisa ed è autore di libri di testo e divulgativi, tradotti anche all’estero. Collabora dal 1988 con diversi giornali, e ora anche con UNO mattina.

Ci sarà tempo anche per parlare di Primo Levi. Lui disse che lo scrittore può ricavare dalla chimica di oggi e di ieri un patrimonio immenso di metafore che chi non ha frequentato un laboratorio o una fabbrica conosce solo approssimativamente. L’ho provato di persona e vi assicuro che non aveva torto.

Marco Taddia

Marco Taddia è professore associato di Chimica all'Università di Bologna.

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