L’arte medica nel mondo ebraico

Giorgio Cosmacini
Medicina e mondo ebraico. Dalla Bibbia al secolo dei ghetti
Laterza, 2001
pp. 288, euro 17,56

In questo libro, l’autore prende per mano il lettore e lo guida in un viaggio dove racconta la storia della medicina ebraica in un arco di tempo che va da Mosè fino al Seicento seguendo la storia delle migrazioni e degli esili del popolo ebraico. La medicina ebraica fu fortemente influenzata da quella Babilonese e da quella Egiziana ma, a differenza di queste che avevano iscrizioni e testi medici sistematici, essa ne era sprovvista; al loro posto, aveva il Talmud che non era altro che la codificazione di quelle che erano originariamente le leggi orali. L’antica medicina ebraica aveva come caratteristica discriminante rispetto alle altre il suo fortissimo indirizzo socio-sanitario che le proveniva dall’altrettanto forte senso di socialità che il popolo ebraico aveva acquisito attraverso le sue molteplici peregrinazioni e vicissitudini. La maggioranza delle norme bibliche avevano carattere igienico-sociale e mirava alla prevenzione delle malattie, al controllo della prostituzione, alla circoscrizione delle malattie veneree, alla consuetudine dell’igiene personale, al divieto di cibarsi con carne di animali impuri (maiale), all’osservanza del riposo settimanale nel giorno del Shabbat.

I malati contagiosi, o presunti tali, dovevano essere isolati visto che si sapeva che certe malattie si diffondevano per contatto diretto o mediato. Dopo l’isolamento, l’abitazione dello stesso doveva essere disinfettata, con tutto quello che conteneva, mediante l’affumicamento, bollitura e addirittura all’incenerimento. Subito dopo la fine del periodo di isolamento, il malato veniva sottoposto alla purificazione che consisteva in un “bagno salutare”. Lo stesso procedimento lo attuavano per i soldati che tornavano dalla guerra o a chi era venuto a contatto con cadaveri. Altra precauzione era quella di tenere rigorosamente puliti i centri abitati, non solo le singole case, per evitare l’insorgere di malattie dovute alla presenza di deiezioni o rifiuti di ogni genere. Dal punto di vista sociale, alcune norme riguardavano per esempio la progettazione dei centri abitati che dovevano sorgere secondo vari accorgimenti tra cui, tenere conto del terreno, delle condizioni climatiche locali e delle esigenze di vita che riguardavano la comunità e i suoi componenti. Ogni centro abitato doveva avere un bagno pubblico, dei pozzi di acqua scavati lontano dai cimiteri o da discariche e, soprattutto, dovevano avere un medico. Importante era il controllo delle carovane in transito perché, in caso di epidemie, era fondamentale evitare gli assembramenti.

La medicina talmudica era molto più ricca di quella biblica sia per i contenuti medici sia per le norme sanitarie. Essa era esercitata dai rabbini. Nelle scuole di Talmud si insegnava anche medicina e alla fine dei corsi, i rabbini potevano intraprendere tanto la professione rabbinica quanto quella di medico. I medici rabbini esercitavano la loro attività in casa propria o facevano visite domiciliari. Per esercitare in casa, dovevano ottenere il beneplacito del vicinato e, in ogni caso, dovevano esigere una giusta ricompensa perché i medici che non si facevano pagare erano considerati di poco valore. La medicina talmudica sapeva che la febbre provocava l’aumento della frequenza del polso e del battito cardiaco; che le paralisi erano dovute a traumi della colonna vertebrale. Molto importante era la loro conoscenza riguardo l’emofilia che imputavano alla madre dell’emofilico tanto da dispensarlo dalla circoncisione.Cosmacini, che è tra i maggiori storici della medicina italiana ed europea, con questo libro ha aggiunto un’altra perla alla sua ormai lunga e preziosissima collana formata da testi di storia della medicina divenuti ormai fondamentali nella nostra cultura.

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