Gli anelli planetari, dischi di polveri e altre particelle che orbitano attorno a un corpo celeste, sono stati fino ad ora osservati solo attorno ai quattro pianeti giganti del nostro Sistema Solare: Saturno, Giove, Urano e Nettuno. Oggi però uno studio, pubblicato su Nature da un team di scienziati internazionali, spiega come per la prima volta degli anelli di questo tipo siano stati osservati attorno Chariklo, un centauro (un tipo di planetoide ghiacciato che descrive un’orbita attorno al Sole compresa tra quelle di Giove e Nettuno).
Gli anelli planetari sono estremamente utili agli scienziati per studiare processi dinamici analoghi a quelli che avvengono durante la formazione dei sistemi planetari e delle galassie. La loro presenza fornisce anche informazioni riguardo all’origine e all’evoluzione dei corpi celesti che circondano. Essi sono solitamente costituiti da silicati, minerali composti prevalentemente da ossigeno e silicio, oppure da polveri ghiacciate, ma possono anche essere presenti rocce dal diametro fino ad alcune centinaia di metri.
Chariklo con il suo raggio di circa 124 chilometri ed è l’asteroide centauro più grande finora rilevato nel Sistema Solare. Felipe Braga-Ribas dell’Observatorio National di Rio de Janeiro e i suoi colleghi, osservando Charliklo passare davanti a una lontana stella durante un’occultazione (una eclisse di un corpo celeste prodotta dal passaggio di un qualsiasi altro oggetto tra esso e l’osservatore), sono riusciti a rilevare la presenza di un sistema di anelli attorno all’asteroide: si tratta di due anelli densi, spessi rispettivamente 7 e 3 chilometri e con raggi orbitali di circa 400 chilometri.
Secondo gli scienziati, la composizione degli anelli sarebbe principalmente costituita da acqua ghiacciata; essi hanno inoltre suggerito che si potrebbe trattarsi dei resti di un disco di detriti, anche se l’evento che avrebbe causato i frammenti non è stato ancora identificato.
I ricercatori hanno avanzato diverse ipotesi nello studio: una delle possibili origini coinvolge un corpo esterno che avrebbe impattato i livelli più esterni di Chariklo, spargendo materiale ghiacciato nello spazio circostante; un’altra possibile causa sarebbe una disfunzione rotazionale dell’asteroide che avrebbe dato origine al disco di detriti. Una terza ipotesi coinvolge un impatto tra due satelliti, tramite un meccanismo ancora non spiegato, mentre, in una quarta proposta, un satellite retrogrado potrebbe essere stato perturbato da forze di marea esercitate dall’asteroide principale.
Ancora non si sa se la presenza di anelli attorno a corpi celesti minori abbia origine da un processo ancora sconosciuto, o se Chariklo sia un caso eccezionale, ma ulteriori ricerche condotte in futuro dagli scienziati faranno sicuramente luce sul fenomeno.
Riferimenti: Nature doi: 10.1038/nature13155
Credits immagine: Lucie Maquet