L’atlante delle parole nel cervello

È il sogno di ogni neuroscienziato: una mappa con cui decifrare i pensieri più profondi dell’uomo partendo dall’attività del suo cervello. Un traguardo forse ancora lontano, ma verso cui un team di ricercatori della University of California di Berkeley (Uc Berkeley) ha compiuto oggi un passo in avanti decisivo. Nel loro studio, pubblicato sulle pagine di Nature, i neuroscienziati americani hanno infatti sviluppato quello che definiscono un “atlante semantico”, ossia un modello dettagliato che mostra in che modo viene interpretato il linguaggio all’interno del cervello umano, identificando una serie di aree cerebrali che vengono attivate quando sentiamo pronunciare parole dal significato simile.

Quello da loro analizzato, spiegano i ricercatori, è il cosiddetto sistema semantico: un gruppo di aree della corteccia in cui si ipotizza vengano rappresentate le informazioni semantiche (riguardanti cioè il significato) delle parole e delle frasi che ci troviamo ad ascoltare.

Per studiarlo, i ricercatori hanno convinto sei volontari a trascorrere oltre due ore ciascuno all’interno di un apparecchio per la risonanza magnetica funzionale, cioè un dispositivo in grado di misurare con estrema precisione quali aree del cervello sono attive momento per momento.

Durante le sedute, a tutti i volontari è stato fatto ascoltare lo stesso programma radiofonico, e i risultati sono stati quindi confrontati tra loro, ed elaborati con un programma in grado di analizzare semanticamente i testi della trasmissione. In questo modo, i ricercatori hanno realizzato una mappa delle aree cerebrali attive nel cervello di ciascuno dei volontari nell’esatto momento in cui sentiva una determinata parola, o parole di significato simile (con un analogo contenuto semantico).

I risultati sono stati infine convertiti in una sorta di atlante, che mostra le parole che vengono interpretate in ogni area della corteccia coinvolta. Confrontando in questo modo i dati raccolti per ciascuno dei partecipanti all’esperimento, i ricercatori hanno verificato che le mappe semantiche così ottenute risultano estremamente simili anche tra persone diverse.

“Queste somiglianze nella topografia semantica tra soggetti differenti è realmente sorprendente”, spiega Alex Huth, ricercatore della Uc Berkeley che ha coordinato lo studio. “I nostri modelli semantici inoltre sono risultati piuttosto efficaci sia nel predire le aree del cervello coinvolte nell’analisi linguistica, sia informazioni più dettagliate che ci aiutano a comprendere quali informazioni vengono rappresentate in ciascuna area. È per questo che queste mappe sono estremamente eccitanti, e cariche di potenziale”.

Serviranno tempo e molti altri esperimenti, ammettono i ricercatori, per migliorare la precisione delle mappe e soprattutto per comprendere meglio le differenze individuali che esistono tra cervello e cervello. In futuro però questo genere di ricerche potrebbe aiutare i medici a restituire la capacità di parlare a pazienti rimasti vittime di ictus o malattie neuro-degenerative. Ma soprattutto, ci avvicineranno alla possibilità di comprendere e decodificare il linguaggio interno del pensiero.

Via: Wired.it

Credits immagine copertina: Visualizations created by Alexander Huth using pycortex software (http://pycortex.org) by James Gao, Mark Lescroart, and Alexander Huth

Simone Valesini

Giornalista scientifico a Galileo, Giornale di Scienza dal 2012. Laureato in Filosofia della Scienza, collabora con Wired, L'Espresso, Repubblica.it.

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