Le caste e l’astronomia

Manu Joseph
Il gioco di Ayyan
Dedalo 2011, pp.344, euro 16,50

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C’è chi cerca la vita extraterrestre puntando i radiotelescopi verso lo spazio e chi, invece, lo fa rivolgendo i microscopi verso i batteri piovuti dal cielo. Due visioni opposte che cercano un’unica risposta, due pensieri scientifici che mettono in feroce competizione chi parteggia per l’uno o per l’altro. Così, gli scienziati si affrontano in guerre senza fine, immemori del fatto di essere uomini – e donne – vulnerabili come tutti gli altri comuni mortali. A pagare le conseguenze della propria superbia saranno i radioastronomi e gli astrobiologi coinvolti, loro malgrado, ne Il gioco di Ayyan.

Ayyan è un impiegato dalla mente molto sveglia, quasi diabolica. La sua unica sfortuna è quella di appartenere alla casta dei dalit, gli intoccabili. In India, sono coloro che siedono sul gradino più basso della piramide sociale secondo cui è ancora divisa la popolazione. Destinato dalla nascita a un’esistenza fatta di stenti e delusioni, Ayyan è costretto a vivere in un chawl, uno dei palazzi alveare che sorgono nella brulicante megalopoli di Bombay.

Nonostante le discriminazioni di casta, Ayyan  può vantare un impiego da segretario presso l’Istituto per la teoria e la ricerca astronomica. Tra le sue mura, si ritrova a che fare ogni giorno con i grandi scienziati bramini, ovvero gli esponenti della casta più prestigiosa e insolente dell’intero paese. Non a caso, il suo più grande desiderio è quello di regalare al figlio Adi – un vulcanico bambino prodigio – una vita di successi che faccia impallidire anche i grandi scienziati. Per riuscirci, Ayyan è pronto a cimentarsi in un gioco allo stesso tempo raffinato e crudele.

Pagina dopo pagina, Ayyan tesse la propria trama, sfiorando pesi e contrappesi che tengono uniti i destini degli altri personaggi. Sullo scenario di una guerra di potere tra élite di scienziati, fa la sua comparsa anche la giovane astrobiologa Oparna, decisa a sfidare la chimera del maschilismo, simbolo dell’oppressione dominante la società indiana. Infine, quando tutti i nodi vengono al pettine, il protagonista cerca di sovvertire, con un colpo da maestro, l’ordine millenario che regna nelle caste.

Manu Joseph – giornalista di Bombay – cuce insieme un testo di esordio cinico e brillante. Il gioco di Ayyan si veste dell’aura attraente e ben congegnata che è tipica del romanzo scientifico: un genere capace di riscuotere, nel corso degli ultimi anni, un grande successo da parte del pubblico e della critica. Non a caso, il quotidiano inglese The Independent ha segnalato il romanzo di Joseph tra i migliori dieci libri del 2010. Una critica sagace e impietosa dei sistemi gerarchici – siano essi religiosi o sociali – e del modo in cui questi contaminino inesorabilmente ogni attività umana, scienza compresa. Oltre a sfoggiare uno stile sarcastico e irriverente, l’autore ama collezionare numerosi aneddoti di natura scientifica. Tra tutti, uno dei più spensierati e spietati è senza dubbio quello stampato sulla maglietta del piccolo e innocente Adi: «Ci sono 10 tipi di persone al mondo. Quelli che capiscono il sistema binario e quelli che non lo capiscono».

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