Garantire farmaci anti-Hiv gratuiti alle donne vittime di stupri durante il genocidio in Ruanda. È l’obbiettivo di una campagna lanciata il 20 aprile dall’associazione londinese Survivors’ Fund. A dieci anni dal massacro ruandese, in cui morirono in pochi mesi 800.000 persone, migliaia di sopravvissuti sono affetti da Aids. In particolare, la Rwandan Widows’ Association, che riunisce le vedove del genocidio, stima che siano affette da Hiv il 70 per cento delle sue associate. La maggior parte di esse, dopo l’assassinio dei loro mariti, vennero rapite dalle milizie e stuprate ripetutamente durante i tre mesi del genocidio, perpetrato dalla maggioranza hutu contro la minoranza tutsi e gli hutu moderati. In seguito agli stupri, molte di esse sono rimaste incinte e hanno contratto l’Hiv. Ora si trovano contemporaneamente a crescere un figlio da sole e ad affrontare la malattia. Ben poche di loro possono permettersi il costo del trattamento antiretrovirale, oltre 100 Euro al mese. E i loro figli rischiano di rimanere a breve orfani sia di padre che di madre. “Se non avete protetto queste donne nel 1994, almeno impedite che muoiano ora” ha detto Esther Mujawayo, fondatrice della Rwandan Widows’ Association, riferendosi all’inerzia della comunità internazionale di fronte al genocidio. Eppure, nessuno dei programmi finora allestiti per la distribuzione di farmaci anti-Aids in Ruanda indica come priorità la cura delle sopravvissute vittime di stupri, mentre i responsabili del genocidio, sotto processo in Tanzania di fronte a un tribunale internazionale, ricevono i farmaci regolarmente. La petizione può essere sottoscritta sul sito www.survivors-fund.org.uk. (i.l.c.)
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