Come fanno alcuni felini a impegnarsi in impegnative battute di caccia senza stancarsi? Puma e ghepardi sono cacciatori per così dire a basso consumo, ma con modalità diverse gli uni dagli altri. I primi si concentrano sul momento dell’agguato, i secondi invece preferiscono investire sulla resistenza. Sono questi i risultati di due studi, pubblicati su Science guidati da Terrie Williams della University of California di Santa Cruz e David M. Scantelbury della Queen’s University di Belfast.
Il comportamento dei puma è stato monitorato sia in cattività che nel proprio habitat, attraverso un collare high-tech dotato di Gps, accelerometri e magnetometro. In questo modo gli scienziati hanno potuto continuamente localizzare i felini, conoscerne le attività e ottenere dati sul dispendio energetico richiesto per inseguire e balzare sulle prede durante la caccia. In cattività invece il team ha monitorato il consumo di ossigeno dei puma, addestrati per l’occasione a camminare e a correre su un tapis-roulant. Il monitoraggio del comportamento dei ghepardi, invece, effettuato in Africa, ha analizzato l’urina di questi felini per misurare la loro perdita energetica giornaliera.
I dati del monitoraggio dei puma hanno rivelato che questi mammiferi sarebbero incapaci di sostenere un’attività continua ad alto dispendio energetico. “I puma”, racconta la Williams, “sono animali potenti. Hanno bassa velocità quando camminano e usano uno scatto veloce e forza nel balzo per abbattere e sopraffare la loro preda”. Di fatto questi animali concentrano le energie sono nel momento del balzo durante la caccia. I ghepardi, invece, sono più resistenti. Dopo essersi procurati il cibo potrebbero vederselo soffiar via da leoni e iene, e rischiare così di aver speso energie per nulla. Questi animali però si sarebbero in realtà adattati alla possibile sottrazione del pasto (cleptoparassitismo). Come? Sviluppando un metabolismo che minimizzi gli sforzi energetici, così che se un pasto sfuma cercarne un altro non richieda molta fatica in più.
Riferimenti: Science doi/10.1126/science.1256424 ; doi/10.1126/science.1254885
Credits immagine: Michael G.L. Mills
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