Categorie: Salute

L’epo non funziona contro la Sla

“Le prove in vitro facevano ben sperare, i primi dati sui pazienti avevano fatto intravvedere delle chanche di migliorare l’esito della malattia, ma lo studio di fase III ha spento tutti gli entusiasmi: l’eritropoietina non diminuisce la mortalità nei pazienti affetti da sclerosi laterale amiotrofica”. Nelle parole di Giuseppe Lauria, coordinatore dello studio EPOS, neurologo della Fondazione Istituto Neurologico “Carlo Besta” di Milano, c’è tutta la delusione di un ricercatore che vede andare in fumo la sua ipotesi di lavoro. Ma allo stesso tempo c’è la convinzione di aver fatto la cosa scientificamente più corretta: sottoporre a validazione clinica rigorosa un’idea di lavoro e divulgare i risultati, negativi o positivi che siano. Per farlo ha scelto la platea della Società Italiana di Neurologia, riunita nel congresso annuale a Milano.

Nel corso degli ultimi 10 anni diversi gruppi di ricerca nel mondo hanno pubblicato su riviste scientifiche di tutto rispetto i risultati di studi sperimentali che dimostrano la potenziale efficacia di eritropoietina in alcune malattie neurodegenerative. Fra questi c’era anche l’Istituto Neurologico Besta di Milano, nel che nel 2009 aveva condotto uno studio pilota su 29 pazienti con risultati incoraggianti. “Proprio sulla base di questa prova abbiamo disegnato EPOS, il primo studio italiano indipendente di fase III sulla SLA in Italia, e il primo al mondo che valutava gli effetti dell’EPO su questa patologia”, ci dice Lauria.

Avviato nel luglio 2010 e concluso nel maggio 2013, lo studio ha coinvolto 25 centri neurologici italiani, universitari e ospedalieri, in 13 regioni, per un totale di 545 pazienti valutati e 208 arruolati. Una sperimentazione complessa per una malattia rara e molto difficile come la Sla che sottolinea una volta di più la qualità della ricerca neurologica in Italia. “Il progetto è stato finanziato con i fondi pubblici del 5X1000 e quindi abbiamo ritenuto doveroso coinvolgere il più ampio numero possibile di centri sparsi sul territorio”, va avanti il neurologo. “Abbiamo quindi offerto la possibilità di partecipare al trial a molti pazienti con l’intento però di dare una risposta chiara e di non indurre false speranze nei malati e nelle loro famiglie”.

Lo studio è stato condotto per 12 mesi in doppio cieco e la somministrazione di EPO o placebo avveniva in aggiunta alla normale terapia. L’analisi statistica dei dati ha dato esito negativo in termini di decessi, di necessità di ricorrere alla tracheostomia e anche in termini di riduzione della disabilità. Risultati deludenti per tutti, che però non devono far sottovalutare l’importanza scientifica di questo sforzo di ricerca: “abbiamo dimostrato in maniera attendibile e conclusiva che l’EPO non è utile per curare la Sla e i nostri risultati potrebbero dire qualcosa anche ai gruppi di ricerca che stanno lavorando sull’eritropoietina in altre condizione neurodegenerative”, conclude Lauria. I risultati sono stati sottomessi per la pubblicazione su riviste scientifiche autorevoli; solo il tempo ci dirà se verranno pubblicati. Rendendo così un servizio a tutti, ricercatori, medici, pazienti e famiglie.

Credits immagine: Frank Gaillard/Wikipedia

Letizia Gabaglio

Laureata in Filosofia, ha da sempre il pallino per la divulgazione scientifica e per l'organizzazione di cose e persone. E' riuscita a soddisfare entrambe a Galileo.

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