Lettere e numeri

Massimo Bucciantini
Italo Calvino e la scienza. Gli alfabeti del mondo
Donzelli 2007, pp.184, euro 25,00

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Italo Calvino è un personaggio assai peculiare nel mondo letterario italiano. Sin dagli anni Cinquanta, infatti, iniziò a percorrere una strada del tutto nuova alla ricerca di un canone letterario. Dai romanzi nati dalla Resistenza passò al ciclo degli Antenati: Il Barone rampante, il Visconte dimezzato e il Cavaliere inesistente. In questi romanzi fantastici, che richiamano l’Orlando furioso di Ariosto, è la fantasia irreale lo strumento che lo scrittore usa per guardare il mondo. Negli anni successivi, però, Calvino guarderà alla scienza come fonte di ispirazione: nascono così le Cosmicomiche, in cui i risultati scientifici vengono presi come punto di partenza per narrare delle brevi storie, quasi dei miti cosmogonici raccontati dall’impronunciabile protagonista Qwfwqk.

Diventa quindi evidente la passione di Calvino per la scienza, trattata come un nuovo punto di partenza per esplorare la realtà. Come la fantasia o le grandi scoperte geografiche avevano aperto nuovi mondi che la letteratura aveva sfruttato per costruire le proprie narrazioni, così la scienza, con il suo risalire all’indietro nel tempo (si pensi ai fisici che si occupano del Big bang) o nell’infinitamente piccolo, apre all’immaginazione spazi del tutto inaspettati. Questa è la prima relazione che Bucciantini individua tra Calvino e la scienza: probabilmente stimolato anche dalla cultura familiare – i Calvino erano tutti scienziati – i risultati tecnologici e scientifici non gli erano indifferenti. Ma la sua reazione di fronte ai successi della scienza era spesso critica: non c’era esaltazione, ma piuttosto capire come un particolare risultato poteva diventare strumento ulteriore per aiutare la comprensione del mondo, e non solo nell’ambito scientifico. Esemplare il suo comportamento rispetto allo spettacolare successo dell’Urss nel 1957, con il lancio del primo satellite in orbita, il Lunik.

In polemica con altri intellettuali di riferimento del Partito Comunista, Calvino mise in guardia dal trionfalismo acritico, nonché dal rifiuto antimodernista. Del primo, criticava gli eccessi che potevano sfociare in una nuova alienazione: “Il trasferire in cielo una parte di sé, umiliata sulla terra, non è l’antico modo usato dalla religione per offrire conforto alle pene quotidiane?” Rispetto al secondo, riconosceva l’utilità del satellite, da sfruttare umanisticamente: “La sua prima funzione è quella di dare all’uomo la dimensione dello spazio. […] Voglio che faccia operare sulla terra. E pensare all’universo. Voglio che dia più spazio ai pensieri umani”.

Il rapporto tra Calvino e la scienza però si intensifica e cambia natura negli anni successivi. Lungi dal rimanere lo sterile scientismo asettico che i critici gli avevano rimproverato dopo le Cosmicomiche, Calvino muta la propria idea di letteratura, per farla diventare strumento di conoscenza del mondo al pari della scienza. Là dove questa vede uniformità, universalità, esattezza, la letteratura può aggiungere tutto il resto: la particolarità, le caratteristiche non riducibili ai soli dati scientifici. Scienza e letteratura condividono in modo paritario lo sforzo di costruzione conoscitiva del mondo, e il romanzo contemporaneo è pensato “come enciclopedia, come metodo di conoscenza, e soprattutto come rete di connessione tra i fatti, tra le persone, tra le cose del mondo”. Si capisce allora perché Calvino si consideri diretto erede del “più grande scrittore della letteratura italiana d’ogni secolo”: Galileo Galilei, cioè colui che ha creato un nuovo alfabeto del mondo, un modo nuovo di rappresentarlo attraverso la quantificazione.

Bucciantini esplora in modo accurato l’evoluzione del pensiero di Calvino, attraverso la critica letteraria da un lato, dall’altro ricostruendo, con un lavoro su documenti editi e inediti, le fonti di cui si servì nel portare avanti la sua ricerca. Molto interessante, perché cruciale, fu l’incontro in America con lo storico della scienza Giorgio de Santillana, studioso degli antichi miti nei loro aspetti cosmologici, che indusse Calvino a pensare che anche letteratura rispondesse a un bisogno cosmologico: se dai miti nasce la scienza, è la narrazione letteraria la prima forma di conoscenza.

Siamo quindi di fronte a un volume interessante per la critica letteraria e per la storia della scienza. Ma soprattutto, Bucciantini racconta un pezzo di cultura italiana del Novecento, attraverso uno dei suoi protagonisti più alti e purtroppo per noi uno dei meno seguiti. Pochissimi tra i letterati italiani avevano in così alta considerazione la scienza, mentre in molti hanno solo puntato il dito contro una presunta disumanità insita nella ricerca. Ne scontiamo ancora le conseguenze.

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