Categorie: AmbienteSocietà

L’Europa è davvero perduta senza Ogm?

La ricetta, in breve, sarebbe questa: investire in colture geneticamente modificate (Gm) e compensare il costo elevato dei semi biotech con rese maggiori e risparmio sui fitofarmaci. L’ultimo piano per risollevare l’agricoltura europea non arriva da Bruxelles, ma dalla Spagna. A proporlo è uno studio pubblicato su Trends in Plant Science condotto da un team di ricercatori coordinati dall’Università di Lleida. E le proposte non finiscono qui: bisogna cambiare le leggi comunitarie troppo restrittive e rivedere gli investimenti della Politica agricola comunitaria (Pac).

Da una parte, i ricercatori dell’Università di Lleida hanno valutato gli studi più recenti sulle performance agricole degli Ogm, dall’altra, hanno esaminato gli effetti della legislazione europea sulla coltivazione e la commercializzazione di prodotti biotech. Sotto la lente di ingrandimento ci sono il regolamento 1829/2003 per la commercializzazione di prodotti Gm e la direttiva 2001/18/Ce a tutela della coltivazione di piante ingegnerizzate. Entrambi i testi sono considerati troppo restrittivi, tanto da imporre una moratoria di fatto alla coltivazione di piante Gm sul territorio europeo.

Finora l’Europa ha dato il via libera a due sole colture Gm (il mais Mon810 di Monsanto e la patata Amflora di Basf), che coprono appena 130mila dei 170 milioni di ettari totali coltivati nella Ue. Nonostante la scarsa presenza di Ogm, la posizione dei cittadini nei confronti dei prodotti ingegnerizzati è mutata nel tempo. In Italia, per esempio, un sondaggio del novembre 2012 commissionato dalla assiociazione biotech Futuragra (Vedi Galileo: Gli italiani sono favorevoli agli Ogm) rivela che il 55% degli italiani ritiene utile la ricerca scientifica sugli Ogm e che il 52% si dice eventualmente interessato all’acquisto di prodotti biotech, sebbene solo a certe condizioni. Nello specifico, i nuovi prodotti verrebbero scelti soprattutto se dimostrassero benefici per la salute (48%), maggiore sostenibilità ambientale (37%) e prezzi più contenuti rispetto ai prodotti equivalenti (27%).

Secondo il team dell’Univesità di Lleida, un alleggerimento delle leggi in materia di Ogm porterebbe nei campi degli agricoltori prodotti molto più competitivi di quelli tradizionali. Per quanto riguarda il mais, uno studio inglese parla di benefici da 3,6 miliardi di euro annuali su scala globale. Di contro, i sussidi diretti della Pac distribuiti in Europa ammontano a 40 miliardi di euro ogni anno, ma per l’80% dei beneficiari l’aiuto economico ammonta a meno di 5mila euro. Il grosso delle risorse stanziate (85%) va a finire, invece, nelle tasche dei beneficiari medio-grandi che ricevono dai 10mila ai 500mila euro (dati 2011).

Agli agricoltori europei è negata la libertà di scelta” ha detto Paul Christou, biochimico vegetale dell’Università di Lleida e coautore dello studio, “e sono esonerati dal fare concorrenza sul mercato a causa delle politiche Ue. Politiche che discriminano direttamente chi vuole piantare colture Gm e che, di contro, permettono di importare dall’estero i medesimi prodotti”.

La verità è che i prodotti alimentari europei costano sempre di più, sia per i produttori sia per i consumatori. Ma non è detto che a abbattere i prezzi e promuovere la competitività siano per forza gli Ogm. Come spiega un report della University of Reading, i vantaggi economici sono spesso calcolati sulle colture Gm di Usa, Brasile e Argentina. Ma i successi dei giganti d’oltreoceano (con le dovute eccezioni) potrebbero non essere così facilmente replicabili in Europa, dove il 49% degli agricoltori possiede meno di 2 ettari di coltivazioni (dati Eurostat). Trarre benefici duraturi dalle biotecnologie agricole potrebbe essere difficile, ma non impossibile. La soluzione, dopo tutto, c’è: concedere alla ricerca europea più libertà di sperimentazione.

Riferimenti: Trends in Plant Science Doi: 10.1016/j.tplants.2013.03.004

Credits immagine: m4tik/Flickr

Lorenzo Mannella

Si occupa di scienza, internet e innovazione. Laureato in Biotecnologie presso l'Università di Pisa, ha frequentato il master SGP in comunicazione scientifica presso Sapienza Università di Roma. Collabora con Galileo dal 2011. Scrive per Wired, Sapere e L'Espresso.

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